Oltre al sonno e alla concentrazione ci sono anche altre cose che non sono state dette a nessuno.
Giornate intere che scompaiono, e brevi attimi che diventano un’eternità.

(Peter Høeg)

domenica 25 aprile 2010

25 aprile



E io non ero nato ma già succedeva
che alcuni si ribellarono e presero le armi
dalle montagne o in soffitte o casa loro
uomini e donne si misero a combattere
contro i cani neri e le svastiche di sangue
Gente di tutti i tipi ma gente vera stufa
di guerra e morte e discriminazione
e orrore e sopruso e corruzione
E io non ero nato ma già succedeva
tu anche se lo neghi stai mentendo
Lo sai che succedeva e loro c'erano
Cristiani Comunisti Ebrei Repubblicani
Panettieri Ingegneri Operai Professori
Preti anche e Suore e Miscredenti
Studenti Casalinghe Madri Padri Figli
Ragazzi e ragazze Loro c'erano Loro sì
Ci hanno creduto tutti e si sono buttati via
allo sbaraglio per la libertà meglio morti
se no Meglio morire e combattere sì
per i figli i nipoti quelli di dopo per averlo
un dopo degno d'essere vissuto appieno
E io non ero nato ma già succedeva
che qualcuno che non ho mai conosciuto
costruisse lottando i diritti e la libertà
nei quali sono nato e cresciuto Io e tu anche
Tanto liberi siamo che tu puoi dire cose
talmente assurde e in mala fede puoi
Puoi dirle ma non puoi far sparire la Storia
non puoi dire che i morti sono uguali
ché gli altri sono da compiangere No
perché il male porta morte e loro sapevano
e cercavano la bella morte Ma era sporca
Il sangue dei giusti ha ripulito questo Paese
E io non ero nato ma già succedeva
e bisogna ricordarselo e dirlo sempre
per quella libertà che ognuno urla
che niente ci sarebbe senza il loro sacrificio
Resistenza Memoria che rincuora Semenza
da bagnare con lacrime di riconoscenza  
E io non ero nato ma già succedeva
Se non era per loro chissà cosa saremmo stati
peggiori ancora e più di quanto già non siamo
rabbrividisco e grato poso un fiore per ognuno di loro


© Francesco Randazzo - 2010


sabato 24 aprile 2010

Le stagioni non sono più quelle d'una volta





Le stagioni non sono più quelle d'una volta
e nemmeno noi siamo gli stessi a dir il vero
Le mezze misure sono state abolite in natura  
e anche noi ci siamo persi molte sfumature
Si sente il bisogno di un cataclisma improvviso
un epicedio climatologico un epistassi d'anima
qualcosa che incrini e frantumi crei polvere
e detriti e fango e ancora di nuovo la possibilità
di essere di nuovo e ancora di variegate forme
e sostanze vivaci Molta dissennata allegria
non più non tante ossessive lamentazioni
Le stagioni non sono più quelle di una volta
a pensarci bene sono sempre state diverse
probabilmente lo fanno apposta Immagino
si divertano molto a sballare tutti i nostri piani
Ed è proprio inutile star tanto a menarsela su


© Francesco Randazzo - 2010




martedì 20 aprile 2010

" a teatro? non ci vado più! "


mercoledì 28 aprile 2010 alle ore 17 Teatro LE MASCHERE, Via A.Saliceti 1/3 Roma
presentazione del libro "a teatro? non ci vado più!" di Paolo M. Albani
esperienze di formazione dello spettatore raccontate da Paolo M. Albani
Ingresso libero

VOLONTARIE DELLA LIBERTA'


Sabato 24 aprile 2010 alle ore 21,00 presso la libreria-caffè Rinascita, Via Prospero Alpino 48 Roma, Paola Bacchetti in "Volontarie della libertà". L'enorme ruolo avuto dalle donne italiane che contribuirono con il loro impegno alla nascita della Democrazia. Testimonianze indirette in forma teatrale. Ingresso libero.

giovedì 15 aprile 2010

Nel silenzio





Quando la ragazza attraversò la strada
si assicurò che intorno a lei fosse silenzio
Aveva atteso a lungo con molta pazienza
risolvendo cruciverba e rebus immaginari
c'era stato persino il tempo di ricordare
la faccia di un tipo incontrato secoli prima
ma non riuscì a rammentarne il nome
All'incrocio scorrevano auto rumorose
rombavano camion e la gente sclerava
Ma lei sapeva che prima o poi ogni cosa
avrebbe taciuto e il silenzio scivolando
avrebbe lustrato l'asfalto carezzato le case
Quando finalmente tutto tacque sorrise
e sentì la seta della camicetta baciare
la sua schiena dolcemente inattesa
Non s'udiva più nulla anche il respiro
sentiva segreto e muto Nessun suono
Le luci degli schermi tivù da una vetrina
proiettavano colori mossi senza parole
e la ragazza sembrava solo un'ombra
Venne il momento e infine attraversò
con passo leggero sfiorando il suolo
Le piacque quella sensazione terrena
scura di appartenenza e chiara di sollievo  
S'entusiasmò e silenziosamente dischiuse
le grandi ali che ruppero la seta Volò via
Il camion dei rifiuti sembrò apparire prima
che il suo rumore rompesse l'equilibrio
Tutto passò e trascorse Poi lentamente
il traffico riprese sotto un sole nuovo
L'uomo alla finestra distolse lo sguardo
rientrò in casa e si sdraiò stanchissimo
Prima di cedere al sonno la rivide in volo
ma decise di tenere per sé il mistero


© Francesco Randazzo - 2010



mercoledì 14 aprile 2010

Poesia e Salvezza



Appicco il fuoco



E come in un sogno mi alzo
appicco il fuoco Lo appicco sì
così facilmente semplicemente
faccio bruciare tutta la biblioteca
centinaia e centinaia di libri aperti
si accartocciano annerendosi
crepitano Sulle pagine il nero
si spande e brucia come il senso
della distruzione soltanto può
regalare a milioni di parole frasi
che mai riescono a compiere tutto
E tutto brucia e s'allevia Tutto fuma
nell'aria e il vento spira via tutto
Le pareti nude e adesso spoglie
crollano silenziose come polvere
e guardandomi intorno respiro
una chiara grandezza che stordisce
Tutto ciò che so è in me per sempre
e per sempre posso liberarmene
e tutto ancora può essere in me
Cenere per non esser cenere
nella materia libero dalla materia
E tutto possiedo senza nulla stringere
le mie mani disegnano nell'aria
edificano ai miei occhi memorie nuove
Lieve e grave come vulcano invisibile
con risoluta lentezza brucio e sollevo




© Francesco Randazzo - 2010


giovedì 8 aprile 2010

Un'isola può essere nascosta





Un'isola può essere nascosta
nel cemento del cuore stanco
può concentrarsi come piombo
sciogliersi in sangue granuloso
Vaga nel sogno ma è dispersa
naviga nell'arida alba ansiosa
Si può colpirla con duri pugni
spingerla in fondo astiosamente
si può tentare invano d'ignorarla
ma il petto ed il respiro accusano
s'aggravano del peso misterioso
Chiudere il cuore allora e il corpo
intero Accecare i sensi e non sperare
Farsi quadrato scatola sarcofago
per non sentire più per non volere
Precipitare in un abisso bianco
navigare nell'esserci in assenza
per metamorfosi bizzarra e cruda
galleggiare così senza più senso
Essere isola che divora e muore




© Francesco Randazzo - 2010

mercoledì 7 aprile 2010

Non c'era nessuno quel giorno





Non c'era nessuno quel giorno
eppure sentivo le grida i sussulti
le impronte sul marmo vedevo
di piedi fuggiti di strascichi antichi
Non c'era nessuno e lo specchio
sfogliava la luce con foga accecante
Strusciavano ombre sui muri
fugaci inquietanti di bimbi canuti
e il mare lontano irrompendo
portava il fragore azzittito
Sentivo e guardavo perduto
Non c'era nessuno quel giorno
e ho visto il delirio d'intorno


Non mi salvò nessuno soltanto
il trillo del cellulare bastardo


Qui non c'è nessuno risposi
Nemmeno tu  Nemmeno io  


Tutto svanì con lo stridìo feroce
del ferro che sfrega sull'osso
Ogni cosa tornò al proprio posto


Carthago delenda est
Disse il bambino a voce alta


Così è stato gli dissi 
Per sempre




© Francesco Randazzo - 2010





domenica 4 aprile 2010

Esiste un destino più grande

X

Esiste un destino più grande
della nostra paura, esiste
un destino sgomento che l’occhio
non riesce a comprendere tutto.
La nostra mente è dinanzi ad esso
un algoritmo minuscolo che ignora
l’infinito in sé stesso racchiuso
e non sa distinguere il segno
che tracciando l’ha reso vitale.

Di fronte allo specchio rifletto la luce
della mia assenza futura quando
abiterò l’altra parte che ora non vedo
e pur non sapendo so, quel viso
sarà mio e mi par nulla e tutto
sarà più grande, tanto, immenso
come un cielo che non esiste
e si può soltanto immaginare.

Allora la mia penna non scriverà più
ma la mia mano assente disegnerà
geometrie che mai ora potrei sognare:
il mio libro non avrà più pagine
ma solo un grande foglio che s’asciuga,
coperto dalla polvere finissima che il corpo,
il mio corpo d’adesso, diventerà e sottile
volerà sul naso freddo di quel blasfemo
che, sollevando il coperchio inchiodato,
tenterà l’oro del ladro e lo starnuto
lo spaventerà più della morte lontana,
allora riderò senza singhiozzi
e il vento mi carezzerà immemore.
Forse tutto sarà ancora ignoto
o tutto sapendo ricorderò chi ero.

Un sogno estinto mi sorprenderà
tornando nell’aria - quello sarò, forse -,
m’alzerò dritto senza più le gambe
e sarò alto più di un grattacielo,
vivrò il delirio della conoscenza
e soddisfatto me ne andrò per sempre.

O ancora nascerò, per non sapere.

Da "Elegie della vecchia casa" © Francesco Randazzo