Oltre al sonno e alla concentrazione ci sono anche altre cose che non sono state dette a nessuno.
Giornate intere che scompaiono, e brevi attimi che diventano un’eternità.

(Peter Høeg)

giovedì 10 dicembre 2020

Consigli di lettura - Natale 2020

 Questo Natale del 2020 non sarà chiassoso ma intimo, raccolto, per chi saprà coglierne l'opportunità un momento di emozioni e riflessioni più profonde. Perfetto per delle buone letture. Di seguito qualche mio consiglio, non in ordine di classifica, tra le ultime uscite editoriali.

F.R.


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Forse mio padre romanzo di Laura Forti, edito da Giuntina.

La sconvolgente rivelazione della madre in punto di morte, spinge la protagonista Laura ad una recherche sulle proprie origini, la storia di famiglia, l’indagine profonda nelle relazioni e negli affetti, la scoperta di un altro padre, forse suo padre, contraltare sensibile e schivo delle freddezze familiari vissute. Uno scavo intenso e coraggioso nelle storie personali che attraversano la Storia d’Italia. Emozionante, commovente, sconcertante resa dei conti letteraria che scuote e avvince il lettore.


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La casa delle madri di Daniele Petruccioli, edito da TerraRossa.

Un grande Bildungsroman, scritto con maestria linguistica e tematica dall’autore che pur essendo un traduttore d’eccezionale talento mimetico e linguistico (tra i più geniali della sua generazione), trova nella sua opera prima originale una voce ed uno stile potenti e di nitidissima lucentezza. La storia di Ernesto ed Elia, attraversa le generazioni e arriva a noi in questo grande affresco borghese che rinnova la grande tradizione narrativa italiana del genere.


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Canova di Maria Letizia Putti, edito da Graphofeel.

Lo straordinario e l’ordinario si fondono in quest’opera, meticolosissima nella ricerca storica e linguistica, forgiata e trasformata in una narrazione viva e pulsante della vita del grande scultore. Artista sublime, famoso, ricco ma anche sensibilissimo, schivo, generoso, attentissimo alle piccole cose ordinarie della vita; ne viene fuori un ritratto umanissimo e coinvolgente che sorprende ed emoziona, ribaltando clamorosamente il mito romantico dell’artista “genio e sregolatezza”.


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Addio Mr Chips di James Hilton, tradotto da Laura Pacelli, edito da Graphofeel.

In una nuova bellissima traduzione, un classico che ha emozionato generazioni di giovani e adulti.

La storia del piccolo ma immenso Mr. Chips, professore di liceo inglese, rinasce in questa nuova edizione per i lettori delle nuove generazioni e per chi ha voglia di rileggerlo.


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Il frate e la rosa romanzo di Gabriele Bonafede, Amazon publishing.

Tutto l’esprit siciliano, in questo romanzo divertente e allo stesso tempo cinico e ironico di Bonafede che sembra mandare messaggi in bottiglia all’assurdità dei nostri tempi. Scritto con bella penna tagliente e appuntita, scorre alla lettura come un feuilleton ottimamente congegnato.


venerdì 6 novembre 2020


 

Sergio Sozi

Giovedì. Romanzo tra cielo e terra

Edizioni Ensemble

(Collana Officina)

Roma 2020

di Alfonso Lentini


Sagrestano e sacerdote: due ruoli ben distinti nelle strutture ecclesiali. Ma il protagonista di questo bizzarro romanzo di Sergio Sozi li svolge entrambi e, come se non bastasse, li svolge in periodi storici diversi, con uno scarto temporale di molti secoli: sacerdote pagano nella Hispellum dell’antichità e stralunato sagrestano nella Spello contemporanea. Come è possibile? Si sa che niente è impossibile all’invenzione narrativa. Zhuangzi sognò di essere una farfalla – insegna il Taoismo – ma al suo risveglio pensò che forse era la farfalla ad aver sognato di essere Zhuangzi. E molti altri potrebbero essere gli esempi di opere in cui un personaggio si fa interfaccia e vive vite parallele o piomba in un universo a lui sconosciuto. Ad esempio, ne “I fiori blu" di Queneau si parla di un tale che vive contemporaneamente in due periodi storici diversi. E tanti sono i viaggi nel tempo che sono stati immaginati e raccontati.

Nella storia inventata da Sergio Sozi, però, il sacerdote pagano Aulo, non si sposta spazialmente, rimane nel territorio in cui ha sempre vissuto, quello dove sorgeva la sua antica Hispellum, ma viene scaraventato all’improvviso nel mondo contemporaneo e compare davanti a una chiesa cattolica moderna nulla sapendo di quello che è accaduto nel frattempo. Scopre con stupore che una setta ai suoi tempi considerata marginale ha dato vita a una religione così importante al punto che gli anni vengono ormai contati a partire dalla nascita del suo fondatore. Giunto a destinazione, perciò, si guarda intorno con occhi straniati e del tutto vergini. E inevitabilmente, dovendo confrontarsi e adattarsi al nuovo mondo, in lui avviene una sorta di graduale metamorfosi.

Questa idea di fondo funziona egregiamente per arpionare il lettore coinvolgendolo subito. Ma andando avanti nella lettura assistiamo a un vero e proprio fuoco d'artificio di colpi di scena e spiazzamenti. La metamorfosi non è solo quella del personaggio che via via diventa "altro", ma anche dei generi narrativi: si va dal romanzo fantastico a quello d'azione (se non addirittura picaresco), dal dialogo filosofico al racconto fantascientifico, sino a pagine scompigliate e scompiglianti che richiamano l'idea di meta-romanzo. Anche i contenuti scorrono liquidi, in un flusso cangiante; per cui il lettore (anche se sapientemente guidato da una voce narrante chiarissima, perentoria, quasi "geometrica") è portato a intendere la verità come un gioco di slittamenti progressivi.

È dunque la metamorfosi la vera protagonista di questo libro, il desiderio di sperimentare l'alterità e di interrogarsi su di essa. Nella lunga matassa concettuale che scorre via via, appare centrale la riflessione sul "doppio" di cui sono intessute non solo le personalità umane, ma anche le civiltà. Molto interessante è ad esempio la parte in cui la modernità, attraverso le parole di Aulo, si scopre essere problematicamente figlia di due fondamentali componenti storiche (e culturali): quella pagana e quella cristiana.

Da questa situazione scaturisce non solo un confronto (dai tratti amarognoli) sui due mondi (o piani culturali) del presente e del passato, ma anche una riflessione sulle immense e diversificate stratificazioni di cui ogni essere vivente è figlio.

Ma il gioco degli spiazzamenti e delle continue digressioni, andando avanti nella lettura, conduce a eventi e pensieri sempre più labirintici dove il lettore potrà perdersi piacevolmente (o forse, ancor più piacevolmente, ritrovarsi). Anche se, come sostiene lo stesso Sozi in una recente intervista, Il sovrannaturale è il basso continuo, assieme alla poesia e all’amore, di quest’opera”.

Benvenuti nella girandola, dunque!

 

 

Sergio Sozi (1965) è nato a Roma e vive e in Slovenia, dove lavora come critico letterario e traduttore. Ha pubblicato le raccolte di racconti Il maniaco e altri racconti (2006) e Diorama (2015), i romanzi Il menù (2009) e Adesso a Roma piove (2019), e i saggi Ginnastica d’epoca fredda (2010), Intervista a Claudio Magris (2011) e Il filosofo e il giullare. Intervista a Umberto Galimberti (2012).

https://www.ibs.it/giovedi-romanzo-tra-cielo-terra-libro-sergio-sozi/e/97888688169

 

 


 

martedì 27 ottobre 2020

Alessandro Damiani: Un’autobiografia ideologica


 


È strana la vita e porta spesso a inusuali scoperte, magari dovute a casi fortuiti, ma sempre scoperte sono, perché altrimenti nulla si sarebbe potuto sapere di fatti e/o di pertsonaggi. Conosco da diverso tempo (una conoscenza solo internettiana) Sandro Damiani, prima abitante a Spalato e successivamente a Fiume, entrambe due graziose cittadine Croate, sulla base delle impressioni che ho ritratto vedendo alcuni documentari televisivi sulle stesse. Ebbene, dopo saltuari scambi di opinioni in cui mi ero fatto solo l’idea che Sandro Damiani fosse il direttore di una compagnia teatrale, questi mi ha dato alcuni cenni della figura di suo padre, approdato in territorio jugoslavo nell’estate del 1948, proveniente dalla natia Calabria, per unirsi alla guerriglia comunista nella guerra civile greca grazie all’appoggio di Tito. È ovvio che l’esperienza terrena di Alessandro Damiani va oltre, ma per evitare una doppia informazione invito a leggere la sua breve biografia riportata in calce. Che fosse giornalista ormai lo sapevo, quello che ignoravo è che fosse anche scrittore, almeno fino a quando il figlio Sandro non me ne ha parlato, invitandomi anche alla lettura di una sua opera, questo “Ed ebbero la luna” finanziato dall’Unione Italiana e dal Ministero degli Affari Esteri della Repubblica Italiana. Si tratta di un romanzo che ha vinto nel 1980 l’Istria Nobilissima per la narrativa e che rivela una penna dallo stile indubbiamente particolare, tutto proteso allo scopo dell’opera che ha una natura ibrida, nel senso che da un lato è un vero e proprio romanzo e dall’altro è un saggio storico, in cui tuttavia confluiscono discipline anche diverse, come la sociologia e la politologia. Ammetto che la lettura all’inizio mi ha un po’ sconcertato, perché l’opera ben aderente a un determinato periodo storico e a un evento indimenticabile quale è stato il rapimento Moro poco a poco assume le caratteristiche della metafora, quasi a stemperare da un lato la realtà in cui la mente umana che ha vissuto quel periodo potrebbe risultare troppo influenzata dal ricordo e dall’altro per dare spazio a riflessioni che vanno ben oltre il contingente. L’impressione che ho ritratto da una non facile lettura (ma gratificante comunque) è che si tratti dell’autobiografia ideologica dell’autore e se diamo uno sguardo alla sua pur breve biografia possiamo ben comprendere quante speranze, quante delusioni e quanti ripensamenti hanno arricchito, ma anche travagliato, la sua esistenza. In una visione apocalittica dell’Europa che la relega a terra di sconfitte, un deserto di rovine tipico di una civiltà millenaria che ha distrutto se stessa, c’è tutto il percorso ideologico del protagonista che lo conduce a essere critico senza diventare ostile, a comprendere la realtà del momento, integrandosi in essa, nell’essere uomo fra gli uomini – quindi pragmatico - e nel dare corpo al suo desiderio di partecipazione su basi oggettive. Questo mi sembra di comprendere che sia lo scopo principale dell’opera, per quanto Damiani inserisca tante e tali motivazioni di notevole portata, che singolarmente potrebbero già essere la chiave di un romanzo. E se ciò può comportare un’ulteriore difficoltà di lettura, viste le diverse riflessioni che vengono imposte, è pur vero che l’autore dimostra in tal modo di non essere imperativo, ma di lasciare a chi legge il privilegio di trarre le conclusioni che più gli aggradano, e questo è un ulteriore elemento di valore dell’opera, uno di quei libri che nel consigliarne la lettura è opportuno anche aggiungere che sarà necessario più volte prendere in mano, per successive, anche parziali, riletture, perché i concetti espressi sono veramente numerosi. 

Renzo Montagnoli




Alessandro Damiani (Sant’Andrea Apostolo dello Ionio, 26 agosto 1928 – Fiume, 17 ottobre 2015) è stato un giornalista e scrittore della Comunità Nazionale Italiana in Croazia. Gli esordi giornalistici del Damiani risalgono al 1946 quando, diciottenne, collabora con Umanità Nova, l'organo dell'Anarchia italiana.

Arriva in Jugoslavia nell'estate del 1948 con un gruppo di giovani volontari italiani, coll'intento di unirsi alla guerriglia comunista nella guerra civile greca, appoggiata dalla Jugoslavia di Tito.

A seguito della rottura tra Tito e Stalin, la Jugoslavia chiude però i confini con tutto l'est europeo e toglie il proprio appoggio all'DSE (Esercito Democratico Greco), guidato dal comandante Vafiadis: quest'ultimo venne arrestato a Mosca, ed il suo posto venne preso del generale Zachariadis. La maggior parte delle migliaia di giovani volontari confluiti da ogni parte d'Europa ritorna quindi nei rispettivi Paesi, salvo un'aliquota di essi che venne perseguitata dai titoisti jugoslavi. Alcune centinaia divengono invece dei sostenitori del dittatore e rimangono in Jugoslavia. Vi rimane pure il ventenne Damiani, che si stabilisce a Fiume e nel 1948, entra nella compagnia di prosa del Dramma Italiano[1], dove conosce Piero Rismondo, all'epoca direttore e regista del complesso teatrale ed in seguito tornato in Austria, da dove era fuggito durante la guerra.

Nel 1950 Damiani sposa Olga Stancich (nata Stančić, nel 1916, nella Fiume ungherese), già cantante e doppiatrice di Marlene Dietrich. Nel 1957, deluso dall'esperienza jugoslava, fa ritorno in Italia.

Dopo nove anni trascorsi nel mondo del giornalismo[2], questa volta deluso dall'Italia se ne torna definitivamente in Jugoslavia coll'intento di contribuire alla salvaguardia del patrimonio linguistico-culturale italiano nell'area istro-quarnerina. Abbraccia le posizioni di Eros Sequi, secondo cui - a fronte delle pressioni nazionaliste panslave, sostituitesi ben presto nella Jugoslavia di Tito, agli ideali del socialismo, ed in assenza di adeguate attenzioni da parte dell'Italia - "bisogna salvare il salvabile", per evitare che del retaggio italiano nell'area non rimangano che vaghi ricordi.

Redattore del periodico Panorama e del quotidiano La Voce del Popolo, insegnerà giornalismo alla Facoltà di Italianistica di Pola dell'Ateneo fiumano e alla Scuola media superiore italiana di Fiume. Collabora con Tv-Capodistria e col mensile fondato da Pietro Calamandrei, "Il Ponte", di Firenze.

Pubblica saggi e libri sulla cultura italiana dell'Istria e di Fiume, romanzi, commedie, varie antologie di poesie.

Gran parte dei suoi lavori sono tradotti in croato ed alcuni anche in sloveno.

1^ Il Sandro Damiani che negli anni Novanta/Duemila sarà direttore della compagnia è suo figlio.

2^ Tra gli altri, collaborerà con Il Pensiero Nazionale diretto da Stanis Ruinas.

Fonte Wikipedia


domenica 9 agosto 2020

Bruno Pompili, Il fratello lontano

 

Bruno Pompili

Il fratello lontano

Manni, Lecce, 2020

di Alfonso Lentini 

 

Sovrapponendo a una scrittura fortemente contemporanea le atmosfere fiabesche e misteriose dei Vangeli (apocrifi o canonici che siano), Bruno Pompili mette in scena una sincopata e sbilenca “vita di Gesù” e ce la racconta laicamente (o, se si vuole, “infantilmente”), attraverso il punto di vista di uno dei fratelli del Cristo, un sosia inconsapevole, che guarda gli eventi da lontano, sbirciando quasi a caso fra i vari episodi che l’iconografia e la fantasia popolare ci hanno tramandato, mostrando di averne vaga o nulla comprensione (o forse, al contrario, segreta consapevolezza):

«Sì, ora sono proprio insicuro quasi su tutto. Vedo figure e temo che si dissolvano; osservo tracce esigue e invece sono corpi».

Fedele e infedele alle narrazioni evangeliche tradizionali, il libro è disseminato di contrasti irrisolti. Gli episodi, a volte semplici accenni, non giungono quasi mai a compimento e si perdono in un viluppo di enigmi mai del tutto chiariti.

«Mi guardò molto, senza parlare, un poco scuotendo il capo. E poi mi disse di non restare a lungo, e poi mi disse di restare fino all’indomani, di incontrare mio fratello, e poi mi disse di andarmene al più presto.

Non avevo nulla da proporre, e obbedii. Non so a quale suo desiderio, poiché mi chiedeva cose in contrasto».

Tuttavia il punto di forza del libro è proprio in questo narrare nebuloso: lucido e onirico, compatto e sfilacciato, realistico e surreale, ha la capacità di inchiodare alla pagina meglio di un semplice thriller. Persino il finale, al quale si giunge col fiato sospeso, non sembra chiarire i fatti, anzi aggiunge mistero al mistero. Questo non-epilogo potrebbe sembrare deludente al lettore avvezzo alle semplificazioni della letteratura di consumo; ma a chi ama la scrittura irrisolta, complessa, interrogativa, non potrà che apparire come un arricchimento. Perché quello che importa non è dipanare la matassa, ma rendere conto di come la matassa si intrica.

Tanto più che il libro, al di là dell’argomento delicato e “difficile” che affronta (e pur rimanendo dentro a un racconto lineare), deraglia dalla tematica principale in cui può sembrare compresso e si apre a ventaglio verso le più diverse diramazioni di contenuto; così, ad esempio, può essere letto come una modernissima scorribanda sul tema del doppio, in quanto i due protagonisti, Gesù (Joshua) e il suo “lontano” fratello, non sono che un’interfaccia, diversi eppure talmente simili da diventare quasi intercambiabili proprio quando il racconto si muove nelle vicinanze dalla croce alla quale uno dei due dovrà essere appeso.

Attraverso questo gioco di specchi fra i due personaggi (a cui si aggiunge, in coda, la figura di un terzo fratello, Belshatzzar, il più enigmatico e inquietante di tutti) si mette in scena una forma di inchiesta, dai risvolti forse più psicanalitici che teologici, su cosa sia l’identità o la non-identità, e di conseguenza sulle costellazioni che tengono insieme le realtà interiori di ciascuno e le rapportano al mondo esterno.

«Potevo essere preso per il gemello opaco di Joshua, ero l’invisibile. Mi é sembrato in alcune circostanze di essere stato l’inesistente: senza dar peso negativo, tanto mi sentivo egualmente me stesso, e mi bastava».

Importa raccontare la matassa percorrendone gli intrichi, dicevamo: ma ancora di più importa la materia di cui è composta la matassa stessa, che in una narrazione non può essere altro se non la lingua: che qui germoglia tagliente, aforistica, esatta al punto che le parole sembrano colare sulla pagina rotonde e calde come gocce di piombo fuso.

«Non sappiamo quando arriveremo a Yerushalayim, che teniamo sempre lontana con diversioni di sentieri e sempre la pensiamo senza sapere il futuro e col peso di una previsione di dolore, che non ha solo l’immagine di mio fratello sofferente ma quella di nostra madre e la sorpresa di molti sulla perversa logica dei poteri umani. Io penso anche al silenzio divino.

Xantra dice che nessuno può essere nelle intenzioni del padre, poiché non a tutti i figli viene rivelata la stessa cosa.

E anche a noi è lasciato il compito di dover cercare per conto nostro, con errori ed egoismi, con una stanchezza vaneggiante che spesso decide per tutto il resto». 

 

 

Bruno Pompili - Nato nel 1938 in Romagna, vive a Bari. Ha insegnato Letteratura Francese all'Università di Bari dedicandosi alla ricerca soprattutto nell'ambito delle Avanguardie e della letteratura del Novecento.

Ha pubblicato libri di saggistica, e a partire dagli anni Novanta alcuni volumi di narrativa e teatro.