Oltre al sonno e alla concentrazione ci sono anche altre cose che non sono state dette a nessuno.
Giornate intere che scompaiono, e brevi attimi che diventano un’eternità.

(Peter Høeg)

lunedì 26 luglio 2010

A cura di Gualberto Alvino una nuova edizione (critica e commentata) di Pagelle di Antonio Pizzuto


Le Pagelle di Antonio Pizzuto furono pubblicate dal Saggiatore di Alberto Mondadori, con versione francese e note della svizzera Madeleine Santschi, in due distinti volumi di venti componimenti ciascuno: Pagelle I (1973) e Pagelle II (1975). Le stampe, licenziate ma non sorvegliate dall’autore, erano gremite a tal punto di mende tipografiche, sviste, errori da risultare a tratti indecifrabili. Pagelle rappresenta un momento capitale nell’evoluzione stilistica del prosatore più sperimentale dell’altro secolo: il passaggio dal regime delle lasse («episodi» iscritti in un unico disegno narrativo, ancorché fruibili nella loro essenza di blocchi compatti, e dominati dall’imperfetto, tempo della duratività e dell’indeterminazione) a quello appunto delle pagelle (brevi componimenti in sé conclusi, caratterizzati dalla soppressione del verbo ai modi finiti con relativa, inevitabile disgregazione di personaggi e vicende). Per Gualberto Alvino, meticoloso curatore di questa edizione critica commentata, «Pagelle costituisce principalmente l’atto di nascita della cosiddetta ‘sintassi narrativa’, spina dorsale del narrare opposto al raccontare: questo consistendo nella registrazione d’un dipanarsi d’eventi cristallizzati nella loro impartecipabile compiutezza, quello componendo l’aporia di tradurre l’azione in rappresentazioni col sancire la riduzione del fatto a pura astrazione».

sabato 17 luglio 2010

Mirkal Ebook: MMX


Prima uscita in ebook di Mirkal.


Collana di Poesia:
poesie e fotografie
di Francesco Randazzo

Vai alla pagina di Mirkal Ebook per scaricare gratuitamente il testo: clicca qui o qui.


La presentazione della raccolta, che è anche un manifesto poetico della collana, è di Alessandra Terni che ha scritto per noi:

Oppressi da tempi cupi
non abbiamo smesso di pensare a costruire una società civile.
Chiusi nelle case
tra muri di non ascolto
non abbiamo smesso di essere gli uomini che siamo.
Troppo spesso impossibilitati ad agire
diamo il nostro contributo ai giorni con opere invisibili,
nascoste e potenti quanto la nostra forza costretta.
Sommersi dal chiacchiericcio riusciamo a parlarci.
Spegniamo gli schiamazzi insulsi dei battibecchi in tv e urliamo il nostro dissenso.
Sul nomeincodicecesare risputiamo il veleno pensando a Shakespeare.
Non scriviamo alla moda.
Non amiamo patinato.
Amiamo i corpi vivi di chi abbiamo riconosciuto
O ci ha riconosciuti.
Le nostre vite non trascorreranno invano.
Tracciamo solchi, cresciamo figli
con fatica, impegno e l'entusiasmo della costruzione
E quando le vite passano e le case restano
ci sediamo nel vuoto
tra le cose che hanno perduto senso.
Un lampo di luce.
E scriviamo poesie
© Alessandra Terni




martedì 13 luglio 2010

MIRKAL Ebook

Nasce una sezione di Mirkal dedicata a ebook di poesia e letteratura. Scaricabili gratuitamente in copyleft per uso non commerciale.
Le pubblicazioni gratuite sono liberamente scaricabili senza alcun profitto né per l'autore, né per Mirkal, ma ogni autore indica un'associazione no-profit cui i lettori possono fare una piccola donazione in cambio del libro virtuale gratuito.
Insomma come è già per la webzine, una linea di qualità e impegno.

Si collabora per invito da parte della redazione di Mirkal.
Non leggiamo manoscritti.
Potete però segnalarci i vostri siti o blog.


lunedì 12 luglio 2010

Gualberto Alvino. Il testamento di Sanguineti


Edoardo Sanguineti
Ritratto del Novecento
a cura di Niva Lorenzini, con uno scritto di Angelo Guglielmi
Lecce, Manni, 2009, pp. 230, ill. b/n e col., € 20,00.



L’11 febbraio 2005 il neo-assessore alla cultura di Bologna Angelo Guglielmi scrive a Edoardo Sanguineti: «sei […] l’unica persona che può legittimare e portare sulle spalle il progetto che ho in mente di realizzare. Si tratta di fare il punto, a secolo concluso, sul Novecento, tanto più che mi sembra che si stia trascinando stancamente anche per questi primi anni del 2000. E fare il punto è come finalmente chiuderlo. Il progetto (che intitolerei Il Novecento ha lasciato un testamento: leggiamolo) si propone come una resa dei conti da effettuare per ognuna delle aree di attività intellettuali-creative (e più precisamente letteratura, filosofia, scienza della materia, arti figurative) in cui il secolo si è maggiormente esercitato (approdando a risultati che hanno cambiato la faccia del mondo). […] Il mio proposito è cominciare con la lettura del testamento che ha lasciato la letteratura, che non voglio e non posso risolvere con un dibattito a più voci ma scegliendo di affidarmi ad un punto di vista singolo, tuttavia garantito dalla autorevolezza e competenza unanimamente riconosciute al ‘lettore’ prescelto. Ti chiedo di essere il lettore di questo primo testamento che sarà presentato in pubblico (attraverso una tua prolusione — scritta o arrangiata all’impronta su appunti è affar tuo)».
Sanguineti esita, si schermisce, alleva idee grandiose ma tenta in ogni modo di sottrarsi a un impegno cui teme di non poter far fronte. Dopo altri scambî epistolari e numerosi incontri con l’assessore e i suoi più stretti coadiutori, il «lettore prescelto» cede alle insistenze e avanza una controproposta altrettanto inopinata che perentoria: fotografare nella sua globalità, ossia in tutti gli àmbiti geografici e i modi comunicativi, il Novecento — secolo a suo avviso anarchico quant’altri mai, per giunta privo di steccati tra i varî comparti estetici e speculativi —, e non già a più voci, ma dalla sua propria specola, da regista assoluto, in un mostruoso puzzle a cento «tessere» (scilicet microsistemi interdisciplinari), quanti gli anni e gli autori convocati a testimoni (da Wedekind a Picabia, da Propp a Groddeck, da Baj a Heisenberg, da Einstein a Cage, da Govoni a Vinicius de Moraes, da Mamet a Le Corbusier, da De Martino a Schönberg, da Buñuel a Lu Hsün, da Pirandello a Spitzer, a Beckett, a Moravia, a Jarry, a Kawabata), intrecciando e contaminando spericolatamente linguaggi alti e bassi: poesia, prosa, saggistica, scienza, filosofia, fotografia, arti figurative, cinema, teatro, architettura, storia, fumetti, antropologia, etnografia, musica classica, di consumo e d’avanguardia.
Non, beninteso, un florilegio, né tantomeno un regesto con pretese d’esaustività, ma «piuttosto una serie di documenti — avvertirà Sanguineti nell’infiammata prolusione della serata d’apertura, qui riprodotta sotto il titolo Ritratto del Novecento come di un secolo interminabile (l’epiteto si oppone ovviamente al «breve» hobsbawniano) — da utilizzare in vista di quello che a noi sta a cuore ritrarre: e cioè un secolo con i suoi conflitti, con le sue possibilità dialettiche interne».
Un happening ipertestuale ludico, visionario e (controllatamente) aleatorio, da articolarsi in cinque serate su quattro percorsi di lettura: psicoanalisi (l’esordio è fissato al 1899, l’anno dell’Interpretazione dei sogni di Freud), montaggio, avanguardie, lotta di classe. Il tutto liberamente “montato”, «proposto in successione frammentaria — prosegue ivi l’Autore —, casuale, mai tematicamente coerente, lasciando nell’anonimato i cento ‘attori’, e cioè gli autori chiamati a testimoniare intorno al Novecento, uniti a costituire l’ossatura di questo ritratto e mai dichiarati esplicitamente, ma trascritti in uno spoglio elenco alfabetico distribuito ogni sera al pubblico in sala».
L’impresa ha inizio nel generale entusiasmo.
Fra il 13 settembre e il 18 novembre 2005 il poeta genovese invia alla responsabile dell’adattamento testi, la novecentista Niva Lorenzini, ventuno plichi tra missive, cartoline postali, tessere e fotocopie dei brani prescelti. «Lavorava indefessamente, il poeta, — ricorda la curatrice nel brioso scritto introduttivo — giorno e notte, divertito, appassionato, sempre più travolto e sopraffatto dalla mole del compito che si era assunto (del tutto volontariamente, per altro, dal momento che l’invito rivoltogli inizialmente da Angelo Guglielmi riguardava un ciclo di conferenze da tenere sul suo ‘Novecento’ letterario). Le tessere, che arrivavano in certe settimane con cadenza quasi giornaliera, su foglietti dattiloscritti e numerati, venivano immediatamente faxate o consegnate a mano innanzitutto a Stefania Aluigi, responsabile della ricerca iconografica e coordinatrice dell’intero progetto […]. Iniziavano subito ricerche frenetiche nelle varie direzioni, dal momento che il tempo scarseggiava e incombeva la scadenza per le consegne, sollecitata da Giuseppe Bertolucci e Luisa Grosso, responsabili della ‘messa in opera’. […] Per due mesi ci si è trovati così immersi in una vicenda labirintica e giocosa, insieme smarriti ed esaltati dalla grandiosità del progetto che Sanguineti stava conducendo in porto. […] Nelle serate tra il 12 e il 16 dicembre 2005 la ‘piazza’ coperta della Sala Borsa di Bologna, gioiello di architettura liberty posto nel cuore pulsante della città, si è trasformata in un crocevia di immagini, parole, suoni, chiamati a restituire, in un caleidoscopico gioco di incroci tra letteratura e teatro, scienza e filosofia, antropologia e arte, musica e cinema, storia e architettura, la fisionomia di quel secolo “interminabile” che è per Sanguineti il Novecento. […] Tutto avveniva in diretta, alla presenza del pubblico, dell’autore, dei registi, degli attori-lettori, dei tecnici del suono e del montaggio, dell’assessore alla cultura, primo sostenitore del progetto, in quella ‘piazza’ coperta alle cui estremità erano stati collocati due maxischermi mobili appesi con tiranti al soffitto, mentre altri due schermi fissi, posizionati a terra l’uno di fronte all’altro, rinviavano e amplificavano immagini, filmati, spezzoni di pellicole cinematografiche, fotogrammi e foto di quadri, ritratti e quant’altro, oltre al logo ideato da Saul Saguatti che fungeva da sigla, replicata ritmicamente: un Ritratto del Novecento, manoscritto da Sanguineti e seguito dalla sua firma, in caratteri bianchi su fondo nero».
Da quel formidabile rito collettivo, che vide una folta partecipazione di pubblico e suscitò nella stampa un interesse affatto eccezionale per simili eventi, nasce, grazie al mai troppo celebrato Manni di Lecce, questo sconvolgente Ritratto del Novecento, che la recente scomparsa dell’Autore ha tramutato d’emblée in un vero e proprio testamento spirituale oltre che culturale. E nasce per espressa volontà del poeta, come si evince da una lettera alla curatrice datata 19 settembre 2005, contenente — se non forziamo l’interpretazione — la primissima intuizione dell’impresa editoriale: «Cara Niva, […] ti prego di conservare tu (o farti rendere dopo) i fogli che ti invio: ho in mente una cosa che mi pare bella, ma occorre avere gli originali; spero che sia possibile riaverli in mano, dopo averne eseguito le debite fotocopie che occorrono; ma conservali nelle tue mani, gli originali; me li darai tutti alla fine».
Il “copione” raduna, appunto, le riproduzioni anastatiche dei «fogli» dattiloscritti e numerati a mano da 1 a 186, per un totale di 68 schede recanti correzioni e aggiunte a lapis, nelle quali egli fissa con estrema precisione note autoriali e disposizioni registiche nulla delegando — contrariamente alle dichiarazioni programmatiche — né al caso né, salvo rarissime eccezioni, all’iniziativa dei collaboratori, dal primo all’ultimo preziosissimi, ma in libertà vigilata.
Con una competenza e un rigore da disgradare i più navigati specialisti, in questi cartigli apparentemente caotici — seducenti anche sul piano visivo — Sanguineti definisce spazî e allestimenti scenografici; stabilisce momento e durata delle proiezioni; indica le sedi (bibliografiche, radiofoniche, cinematografiche, televisive) da cui attingere i lacerti da combinare, e finanche le soluzioni alternative in caso d’ardua o impossibile reperibilità; fornisce dettagliatissime istruzioni ai datori delle luci, ai fonici, agli attori, alle maestranze: come se il Novecento non fosse fuori, ma dentro di lui, insieme consustanziale e superbamente inafferrabile.
Un redde rationem più incandescente d’una colata lavica, una folle corsa a pedale schiacciato nell’immaginario del nostro tempo, che può accendersi e moltiplicare a dismisura il proprio già ingente valore grazie alla compartecipazione attiva del lettore.


Da "Le reti di Dedalus", luglio 2010.

Goal







Il portiere caduto alla difesa
ultima vana, contro terra cela
la faccia, a non veder l’amara luce.
Il compagno in ginocchio che l’induce,
con parole e con mano, a rilevarsi,
scopre pieni di lacrime i suoi occhi.

La folla – unita ebbrezza – par trabocchi
nel campo. Intorno al vincitore stanno,
al suo collo si gettano i fratelli.
Pochi momenti come questo belli,
a quanti l’odio consuma e l’amore,
è dato, sotto il cielo, di vedere.

Presso la rete inviolata il portiere
– l’altro – è rimasto. Ma non la sua anima,
con la persona vi è rimasta sola.
La sua gioia si fa una capriola,
si fa baci che manda di lontano.
Della festa – egli dice – anch’io son parte.

 (Umberto Saba)



domenica 11 luglio 2010

"La scala di cristallo" di Langston Hughes

Well, son, I'll tell you:
Life for me ain't been no crystal stair.
It's had tacks in it,
And splinters,
And boards torn up,
And places with no carpet on the floor— Bare.
But all the time
I'se been a-climbin' on,
And reachin' landin's,
And turnin' corners,
And sometimes goin' in the dark
Where there ain't been no light.
So, boy, don't you turn back.
Don't you set down on the steps.
'Cause you finds it's kinder hard.
Don't you fall now— For I'se still goin', honey,
I'se still climbin',
And life for me ain't been no crystal stair.


Va bene figlio
te lo voglio dire
per me la vita non è stata una scala di cristallo
ci sono stati chiodi
assi divelte
chiazze di pavimento senza tappeto
nude
ma in qualunque momento
sempre mi arrampicavo
salivo sui pianerottoli
giravo gli angoli
e qualche volta ti tornavo
al buio
in un punto non raggiunto
dalla luce
perciò figlio mio
non volgerti
indietro
non metterti
a sedere sui gradini
perchè pensi NO NO E' TROPPO DURA
non cadere
adesso
perchè figlio mio
io cammino ancora adesso
io mi arrampico ancora
e la vita per me
non è stata
una scala di cristallo.





Langston Hughes (1902 – 1967)

sabato 10 luglio 2010

HOPPER

Tutto è così limpido
tutto è così nitido
talmente solidamente in bilico
che pensare al presente
e ad altri rimpianti mi appare ridicolo
Entro in un locale
prendo un tavolo
mi siedo in un quadro di Hopper
e sbircio da lontano
il nero accecante della mia morte

venerdì 9 luglio 2010

Addio al grande Lelio Luttazzi

"Plenilunio" di Dinorah Gutierrez Andana





He cosido mis poemas a la luna
para que lleven mi canto 
alto, lejos, fuerte
para que iluminen tu rostro
mientras le miras
por si le encuentras en la noche fresca
ahora que estoy plena, 


ahora que es de plata


la luz que baña mi cordillera




Ho cucito le mie poesie alla luna
perché portino il mio canto
alto, lontano, forte
perché t'illuminino il viso
mentre la guardi
se la incontri nella notte fresca
ora che sono piena


ora che è d'argento


la luce che bagna la mia cordigliera



©Dinorah Gutierrez Andana
Traduzione italiana di Francesco Randazzo





lunedì 5 luglio 2010

Azzerarsi senza abdicare






Azzerarsi senza abdicare
questione di rinnovamento
silenzio e metamorfosi
Difficile trascinarsi carne
estremo sradicarsi mente
La zanzara che punge
il ventilatore che soffia
ignorarli è possibile forse
Essere zanzara ventilatore
altro quando dove come
senza soggiacere languidi
alla puntuta scarica elettrica 
o al piacere muffa volatile 
E presentarsi a sé stessi
Aria e fulmine in quiete
Vagire sorpresi come nati
nell'attimo d'ogni attimo
con questo corpo grande
e questa mente stanca
Fare acrobazie tibetane
in quest'occidente ottuso
costipato di tutto e nulla
Piantarsi al sole come alberi 
saldi alla terra svelti al cielo
Esistere sicuri senza fine
Azzerarsi senza abdicare


© Francesco Randazzo - 2010