Prima della cosa
è un poco anche il nostro
lì
fra la terza e la quinta
hanno come dei marchi non so dei graffiti dai colori
arsi li avranno fatti con le unghie
lì
fra la testa e il collo
che pieghe carnose
rosse vien voglia di morderle pare
d’averle in bocca è impossibile
non vorrei dirlo ma si abbracciano
guarda
intrecciano le dita come se tra loro corresse chissà quale
certi si baciano succhiano non lo dànno a vedere
l’elementarità animalesca l’incedere
goffamente ardito il prorompere
canino degli ossi il pullulare dei liquami vanno
tornano sempre più insistenti
si slaccia la cravatta fingono persino
d’essere stracchi pur potendo incollarsi interi quarti
ci scommetterei tutta la mia
chi non conosce la loro forza uno
si porta piano la palma alla bocca mostra
la doppia fila l’avorio scintilla un diamantino come vedi basta
un niente perché tutto s’ingrani nella giusta chiarezza è come
il lampeggiare un mobile gioco di luci
d’ombre la volontà di far accadere una cosa a dispetto di
non dà luogo ad alcuna certezza
guarda
flettono i gomiti
lì
al vertice tra i distributori e il fanale
il pupazzo appeso al balcone un basto di doni
si grattano le ciglia mettono le mani a conca col gesto che
da piccoli ricordi? ti sei cacciato in un bel guaio
credevi d’uscirne illeso di poter facilmente doppiare
la cima invece ci sei dentro con tutte le
guarda
non vorrei dirlo ho perfino paura di
svelto
scendi nel retro c’è una porticina verde dai cardini
non è più quella d’un tempo
la sala dei costumi ha un odore forte ci abbiamo passato intere
stagioni là dentro col conte calvo dal lobo mozzato a la manière de
un attore di farse dalle mille voci l’inseparabile
pastrano ci scavava gli ombelichi con la punta
del mignolo dopo averci colato dentro un po’ di saliva
anche d’estate
chissà da quanto non ci pensi lo vedo da come ti si secca
la lingua che parlano è graziosa mi allarma il loro oscillare
ostentando un certo quale
ci vorrebbe un byte nel cervello per non
digrignare le sinapsi sono state recise
credo ormai da parecchio
che succede?
ci stanno dicendo qualcosa
specie quello alto con la spilla di rame sul dorso la lingua triforcuta
un ronzio cela il viso nel bavero dando per scontato a quanto pare
che abbiamo già benché sappiano fin troppo bene
non vorrei dirlo ma è come se ci vedessero una parla
frasi sospese sintagmi
quasi ernie
dischi di fuoco
sembra un ladro in chiesa con quel suo modo di curvare
le spalle l’issarsi sulle punte cammina sull’acqua
un testo corrotto è pur sempre un testo supponiamo ad esempio
lo sguardo lampeggia
che l’unico superstite sia stato
questo non comporta nessuna modificazione
si tira un dito lo schiocco
se per sbaglio ha scritto una parola mentre intendeva scriverne un’altra
i sensi dell’opera non sono affatto inesauribili
c’è infatti sempre un punto in cui l’universo deve per forza
riportare in nota le lezioni divergenti in linea di pura
astrazione più o meno esplicitamente
quale chi somniando vede
tutta una parte e la più calda
di gran lunga più affidabile
non capisco perché dovrei usare vocaboli miei per
trastullarli non capisco proprio
ce ne sono già pronti e quanti basta insufflarli
specie dove ogni distinzione viene meno
ma è sufficiente qui l’aver compreso
sorrise parolette
suntuosi edifizî
soccorre l’esempio del piede piagato ovvero
la vessata questione del cignale supino
il problema di cosa significhi volontà
se un testo viva davvero di vita propria
suscettibili di più interpretazioni
imho
non certo infinite
Pepe
a ben vedere
mentre dormiva col nonno sul giaciglio di sponze
nell’umidore crocchianti a ogni girata
sembrava parlasse nel sonno
vomito rutti accessi di fol’amor invece contava
le pere raccolte dalle figlie di terzo letto le tramutava in talenti
non sapeva nemmeno il suo nome
tre mogli e nessuna regina
pedicabo et inrumabo
l’ultima morta cadendo per colpa d’un filologo sbronzo
in quella taverna sfondata
con mezzo quintale in testa e un feto di pochi giorni
sarebbe stata mia madre il suo cavallo Barone
correva al primo fischio
il figlio sembrava più vecchio di lui lo chiamava tatillo
toccandosi il petto col mento al suo passare salutava
in istilo umilissimo e rimesso
rabdomando con l’asta di ciliegio tralatizia
puoi camminare senza?
quel modo finisecolare quasi villano
un pane rinfarciato due birre roventi
fissi sul tavolo venerdì mercato c’era quasi sempre
il sole le ragazze con gli orologi scintillanti dei fratelli
i nipoti guidavano tutti i camion
secondo 4 sa di boschereccio di funghi troppo maturi
9 dice che al centro dell’aia c’è una botola
coperta da un pezzo di bótte schiacciato sotto cui
si spalanca tutto un mondo prova ne sia che
il leppo i muri sbrecciati
la zia belga tornava solo per bagnarsi nel fiume
e portarsene l’odore per gli amici minatori si tuffava
tre volte da un tronco poi sbatteva le camicie
sui sassi le appastava dimenando
i fianchi per suo marito simbionte appostato
sulla centrale i baffi grifagni Charleroi
vibravano a ogni boccata
il sassofono sul mignolo schiere di bimbi
imparaci la musica
pesci dalle buche sporgevano i capini a tempo di
fumava senza filtro tossendo con pudore poi
ripartiva spargendo sorrisi la macchia d’umidità sul soffitto
fu il primo quadro che vide
com’è destino d’ogni precursore
proprio così
ve ne ritrovo invero tutti gli elementi
dal primo all’ultimo
sembra incredibile ma un etimo non si cerca si trova
dal cerchio al centro
dal centro al cerchio
conferendogli una sua propria tonalità
svolte al difuori d’analisi di stile
libero completamente scevro da
interferenze perburbatrici
con la foga d’un enigmista
sbrogliando il bandolo dell’arruffata matassa
tutto un viluppo d’immagini ciascuna con un suo
aroma quelle dei sogni non sono più accese
si organizzano in gruppi spesso in conflitto tra loro
e pensare che non possono fare a meno
l’uno dell’altro del resto si sa
i deboli cercano i deboli
forti non ve ne sono tuttavia le corazze
parrebbero d’ottima lega
ma non bisogna credere che l’ermeneutica
sia deformazione è un controsenso
dato che l’opera non è forma ma tensione
si dice l’interpretazione è tanto più autentica quanto
più evita di consegnarsi alla distorsione
chiede perché l’opera deva diventare parte
del nostro presente
non saprei ma sia chiaro fin d’ora
che lo sconfinato amore per la lingua
rivendico il diritto d’affermare
in piena scienza e coscienza
è il primo movimento di un percorso
florebat olim
a raggiera
in mille direzioni
che ne sarà del ciliegio?
Da «L’Immaginazione», giugno 2009, 247 pp. 6-7.
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