Sei tutto ricompreso nella tua solitudine stinta, inaridita, mentre rimesti con un dito una goccia d’acqua sulla vitrea superficie del tavolo e disegni ghirigori minimalistici. Il tuo campo visivo è limitato alla parete verde marcio che hai di fronte, movimentata solo dalle macchie d’umido e dai graffi impressi nell’intonaco.Sai che hai commesso un errore a venire qua, ma volevi sentire la gente, la vita che scorre, anche se devi accontentarti di raccoglierne l’eco riflessa sulla parete verde marcio di un locale della metropolitana aperto tutta la notte. Vorresti, ma eviti di guardare i pochi avventori che stanno alle tue spalle, perché hai paura che qualcuno di loro possa riconoscerti per quello che sei. Ma sai che potrebbero riconoscerti, o almeno sospettare, pur senza guardarti negli occhi, anche solo per quell’insistito ignorarli, e allora anche non rivolgere lo sguardo verso quella gente è un errore che potrebbe costarti caro. La tua sopravvivenza dipende dall’isolamento che sei riuscito a importi, razzolando ai margini della società, piluccandone le briciole, nascondendoti dietro ogni angolo. (...)
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