Paolo D'Achille, Accademico della Crusca, risponde sul sito dell'Accademia, con un lungo articolo, che chiarisce molti aspetti di questa nuova tendenza ad usare asterischi e schwa, dicendo in sostanza che non è proprio il caso, gli usi linguistici non possono essere imposti dall'alto. Al di là di ogni speculazione politica, da qualunque parte venga, l'articolo è di olimpica chiarezza.
"Ma non dobbiamo cercare o pretendere di forzare la lingua – almeno nei suoi usi istituzionali, quelli propri dello standard che si insegna e si apprende a scuola – al servizio di un’ideologia, per quanto buona questa ci possa apparire. L’italiano ha due generi grammaticali, il maschile e il femminile, ma non il neutro, così come, nella categoria grammaticale del numero, distingue il singolare dal plurale, ma non ha il duale, presente in altre lingue, tra cui il greco antico. Dobbiamo serenamente prenderne atto, consci del fatto che sesso biologico e identità di genere sono cose diverse dal genere grammaticale. Forse, un uso consapevole del maschile plurale come genere grammaticale non marcato, e non come prevaricazione del maschile inteso come sesso biologico (come finora è stato interpretato, e non certo ingiustificatamente), potrebbe risolvere molti problemi, e non soltanto sul piano linguistico. Ma alle parole andrebbero poi accompagnati i fatti."
Da leggere per intero: qui.
Nessun commento:
Posta un commento