Oltre al sonno e alla concentrazione ci sono anche altre cose che non sono state dette a nessuno.
Giornate intere che scompaiono, e brevi attimi che diventano un’eternità.

(Peter Høeg)

domenica 22 luglio 2012

S'incatenano i giorni e le nostre speranze


S'incatenano i giorni e le nostre speranze,
s'aggrovigliano i sogni come sabbie e sterpaglie.

A volte soffia un vento che non sai dove nasce,
un vento che smuove le ossa e dà freddo e sudore.

Nei condomini le finestre rimandano voci e grida
che non sai mai se reali oppure è solo una partita.

Nelle notti bizzarre e lunghissime i pensieri soltanto
inventano nuove illusioni, impeti nati dal silenzio
ed infine il sonno quasi infastidisce perché ruba
quell'alito nuovo dell'anima magicamente rinnovata.
Ma il corpo è stanco e l'anima bambina deve riposare.

Domani il corpo rinfrancato sorreggerà l'anima stanca,
sconvolta dagli eventi incontrollabili che solo la notte
illude di sconfiggere. Dulcinea sogna di notte mentre
Chisciotte galoppa e stancamente combatte sulla strada,
alle fermate dei tram trancia binari e cavi elettrici,
ogni giorno, e Sancho se ne frega, apre il suo negozietto
ogni mattina e d'estate va ad Ostia a fare il bagno.

Canzoni tante alla tivù, chanson de geste nessuna
in questo mondo che deriva indietro, come fosse inclinato
privo di leggi naturali, privo di cielo e un firmamento nero
senza stelle, avvolge tutto con paura e indifferenza.

Un uomo, ogni tanto, sul fare del giorno, sale in terrazza
a salutare gli astri dimenticati, le fiammelle si stingono
e all'aurora quell'uomo ha nostalgia della sua vita.
Quando il sole spietatamente appare, allora con rabbia
invoca il fulmine, lo chiama con grida che lacerano
le risacche lontane e gli echi perdutamente ansiosi,
lo esige disperatamente. Solo giunge un gabbiano
con la carogna d'un topo stretta dal suo becco, volteggia
poi scompare fra le antenne. Bellezza e orrore ancora
affermano il dominio sconcertante. C'è odore di caffè che sale
dal basso della vita. L'uomo rimane là. Ma dopo, scende.

Eppure è bello vivere, si dice, lo si sente, è bello
ed è struggente, non basta mai la vita anche così
spietata, meravigliosa cuccia di stupore continuo,
ostinata faccenda da portare a compimento sempre
con lacrime e sorrisi regalati, inflitti, desiderati, come
un romanzo che si scrive su di noi, come un quadro
dentro la rete d'un pittore sconosciuto, ci appare
insensato il romanzo, informe il quadro eppure
noi ci siamo come modelli eterni e inconsapevoli.
Con un presagio forse, un estremo barlume quando
un bambino prova ad alzarsi e noi con una mano
con forza e con timore l'aiutiamo a reggersi
e ridiamo mentre con passi incerti il piccolo
comincia a camminare verso non sa che cosa.

Forse per questo i vecchi rimbambiscono,
o s'abbandonano al nulla ed al silenzio,
per mantenersi sani, ritrovare innocenza,
dimenticare i giorni ed inventarsi uno spiraglio
grande, un'iride del cuore che s'irraggia
e con un soffio poi volano al fulmine lontano,
mentre sulla terra continua a cadere la polvere,
mentre nel cielo continuano a splendere stelle dimenticate.

Non siamo sogni, ma vorremmo esserlo
e sgomenti, con geometrica crudeltà, li distruggiamo.
Eppure sono qui con noi, siamo noi i sogni di noi stessi,
non desiderare dovremmo, non esaudire ma esistere soltanto
seguendo il respiro dell'angelo che ci sogna, lui sì ci sogna,
essere soffio leggero, latte di noi stessi,  caldi diamanti,
semplici e sublimi come nasciamo, come muoriamo,
nella gloria senza gloria del fulmine purificatore,
che è, da sempre e per sempre, nascosto ai nostri occhi.




© francesco randazzo - da "Come un pesce azzurro" Ed. Il Filo, 2003

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