Niente rimane intatto
è finzione l'accumulo
supponenza dell'io
assurdo formicaio di segni
presunzione di permanenza
con relitti innumeri e salati
La vacuità firma la memoria
sotto strati di polvere sabbiosa
Montagne di bottoni mai attaccati
Colletti di camicie mutilate
Abiti inabitati e astratti
Colli di volpi orribili e setosi
Bambole morte dagli occhi vivi
Scarpine di bimbi invecchiati
Camiciole di batista sottili come ostie
Simulacri di capelli in treccia
Ortodonzie appartate senza senso
Necropoli di scodelle e piatti
Fax di firme autorevoli e sbiancate
Cahiers de presse sfaldati
Papiri quadri pergamene tristi
Lettere capitali senza più importanza
E libri di letture dimenticate
monili di crescite passate
Penne orgogliose e secche
Lavabi ottusi e aridi
Fuochi fatui d'appliques e lampadari
Mura silenziose di rude indifferenza
piene di caos e nulla truciolato
Appare ingenua e struggente
quest'ostinata e compulsiva
illusione della salvezza
nell'obliquità della materia
Labirinto e supponenza
di presidio terreno permanente
È invece come un fulmine
la certezza della cancellazione
Il tempo è un verme che rode oltre la morte
Mi strazia e ripulisce il cuore
La mente già s'annega
si contorce e affila
nel mare sgretolato dell'addio
© Francesco Randazzo - 2010
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