Caro Gualberto,
conoscevo alcuni componimenti ma ora credo di averti capito meglio. Fisiologia del corpo poetico mi verrebbe di titolare queste mie riflessioni. Humanitas e la vertigine della lista della litania della prima parte con la giunta (in questa nuova edizione) del commento… Solo ora ne gustavo l’ironia. Ironia che, prima, avrei detto di suffisance sperimentalistica (che non condivido) ma che ora mi appariva — spero non a torto — anche autoironica e fonte dunque di un riso (meramente intellettuale) come a fronte di una beckettiana tragica disperata ironia nei confronti della vita. Altro che gioco di sperimentalismo! D’altronde sai che non ho frequentato il Gruppo 63 e ti ho detto che conosco e amo Sanguineti a cui ora mi sembra ti si possa associare di più. Non limiterei tuttavia (come Muzzioli nella prefazione) il significato di novissima all’associazione ai Novissimi. Novissima è anche straordinaria, mai vista e dunque fonte di meraviglia di fronte a un mistero che il progresso della conoscenza e della scienza non elimina ma rinnova. Di fronte alla vita e alla morte come di fronte alla genesi della poesia.
Lo sperimentalismo linguistico è la corazza di cui scrivi (in Pepe?) e che autorizza ad applicare anche a te lo schema interpretativo che Debenedetti usò per Pirandello: il pirandellismo come artificio e materiale isolante del fuoco bianco della poesia. Il tuo fuoco bianco, dico io, è altra cosa. Vorrei individuarlo con la stessa foga ermeneutica che è quella foga enigmistica di cui dici (altra formula critica per intitolare la tua poesia). Anche Debenedetti aveva quella foga e quel demone. E quella stessa mi avevi suscitato, già alle precedenti letture.
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