«Hai visto quanta gente?»
«Già! E’ da ieri sera che arrivano».
«Sembrava tanto solo. Un uomo schivo,
parlava così poco».
«Ma sai che non sono ancora riuscito a
capire che lavoro facesse? Gliel’ho anche domandato: Che fa, insegna? E lui:
No. Non spiccicava una parola più del dovuto».
«Per me era un po’ matto».
«Però, il matto!… Guarda quanta gente...
E che gente!»
Davanti alla casetta di via Mentana s’incominciava
a parcheggiare in seconda fila. C’erano i carabinieri che andavano su e giù per
le scale e sarebbe servito un vigile per regolare il continuo sopraggiungere
delle auto.
«Ma che cos’è stato... suicidio?»
«Pare proprio di sì. Il tabaccaio m’ha
detto che ieri mattina piangeva».
«Beh! che centra! Uno che piange non è
detto che poi s’ammazza».
«Certo, però era triste! D’altronde era
sempre triste».
«Io, invece, l’ho visto anche
allegro... qualche volta aggressivo. Mi ricordo che una mattina, dopo aver
preso il giornale, attaccò briga con uno che passava in macchina. Diceva che
non avrebbe dovuto guardarlo in quel modo... fisso!»
«Stavolta sei tu ad avere delle strane
idee. Ma ti sembra che uno così permaloso sia un carattere facile?»
«Ah no, questo proprio no. E allora?»
«E allora, uno con un carattere così...
altalenante, può combinare di tutto. O no?»
«Già! Ma che aspettano? C’è ancora la
polizia là dentro. La cosa, si fa lunga».
«E quella che stava con lui, l’hanno
portata via?»
«Pare di si. Lei, gli voleva bene».
Venivano avanti alcune donne anziane e qualche
giovinotto con gli occhi rossi dal pianto. La sera prima erano arrivati gli
investigatori; quel giorno, invece, sostavano alte uniformi: auto blu con
autista. Poi altra gente, sempre ben vestita, anzi, elegante. Un avvenimento
per via Mentana, che a quell’ora del giorno ospitava al più qualche bicicletta
e un motocarro. Nel primo pomeriggio i curiosi che di tanto in tanto s’affacciavano
da una viuzza laterale avvertirono trambusto. Un paio di giganti con le
cravatte nere, disperati, con le facce cerulee, cercavano a forza di venir
fuori dalla calca. Dietro a questi, una donna sostenuta sotto le ascelle da
braccia pietose, si trascinava in lacrime.
«Non fatela entrare», gridò qualcuno
con voce sicura ed imperiosa.
Due poliziotti si fecero innanzi per esaudire
la voce: «Signora, non adesso, la preghiamo. Portatela via, per favore».
«Oh! Hai visto che roba, il matto. Ma,
chi cavolo era? Sembra proprio che fosse un pezzo grosso, e stava qui, a fare
la vita dello straccione».
Uno dei curiosi che s’era tenuto in
disparte raggiunse il capannello dei commenti quasi di malavoglia, con le mani
in tasca.
«Io» — disse — «li avevo sentiti
litigare, prima degli spari, ma non più del solito. Eppure non avrei mai
pensato che l’amica arrivasse a tanto».
«Gli spari? L’amica? Come, l’amica!»
«Non lo sapevate? Pare che fosse un
infedele recidivo. Non l’ha sopportato più, e lei gli ha sparato!»
«Un affare di donne? Ma che strano, l’avevo
giudicato un tipo del tutto pacifico... voglio dire, certo non un libertino».
«Eppure! Pare che il nostro amico non
fosse quello che pensavamo».
«Di questo, ce ne siamo già accorti. Ma
in conclusione, allora è stata lei? Gliela faranno di certo pagare, con tutta
questa parata di can grossi».
«Poveraccia».
«Però, il matto, che faccia tosta, come
mentiva bene!»
«Già! proprio bene. La faccia, però,
non è più tanto dura. La convivente gli ha sparato tutto il caricatore sul viso».
Verso sera un nuovo corteo s’avvicinò
all’abitazione del fattaccio. Imboccò la scala, si fermò al secondo piano, e
poi all’appartamentino angusto di quel tal “Carlo De Matteis”. Dopo pochi
minuti, parecchie divise e giacche nere, e tailleurs scuri cominciarono a sciamare.
Qualcuno ridacchiava.
«Insomma, siete dei veri imbecilli! E’
destino che con voi debba fare solo figuracce.»
«Signor colonnello, la madre, persino
la madre pensava, anzi ne era certa!»
«La madre, caro tenente, sapeva solo
che il figlio non dava più notizie da un paio d’anni. E tuttora non sa dove sia».
«E quello ... quel poveraccio con la faccia
sfigurata, chi era?»
«Mah! uno. Uno qualsiasi. Adesso, per
favore... anzi è un ordine, chiama l’interpol e rintracciami immediatamente
Carlo, vivo o morto. Di questo... come si chiama?»
«De Rienzo, signor colonnello».
«Ecco, di questo De Rienzo se ne occupino
gli altri. lo non voglio più sentirne parlare».