Il Mago Zurlì s'è incazzato. È difficile immaginarselo così, furibondo contro l'Antoniano che ha avuto la sconsideratezza di metterlo da parte. Difficile immaginarselo digrignante e furioso invece che plastificato in quel suo sorriso scolpito in faccia a mostrare ridondante e posticcia simpatia per le centinaia, migliaia di mocciosetti canterini che ha traghettato al loro quarto d'ora di successo e che lo hanno saldamente tenuto ancorato ad un ruolo collodiano per quasi mezzo secolo. Diciamoci la verità, già da anni non incantava nessuno e tutti, compresi quelli che come me da bambini erano rimasti fregati dal suo costume in mantello e calzamaglia negli anni settanta, si chiedevano che cazzo c'entrava quel vecchietto ostinatamente sorridente ma sempre più indispettito, allo Zecchino d'Oro. Adesso che l'anno messo fuori corso, lui s'è ribellato e ha detto: "Chi ha detto che Tortorella non ci sarà allo Zecchino d’Oro perché è vecchio e superato? Ho l’età del Papa e del Presidente della Repubblica e non ho la badante e il morbo di Parkinson»."
Ha ragione.
Questo è il punto cruciale, il nodo gordiano della faccenda. Il Mago Zurlì ha ragione.
Questo è il paese dove vanno in pensione solo i poveracci, tutti i posti più rilevanti dall'industria, alla cultura, alla politica sono occupati da vecchi. Magari grandi vecchi, ma vecchi. Obama ha 47 anni, Berlusconi 73, tanto per fare un esempio. In Italia a 47 anni o sei un fallito precario o una giovane promessa. Se qualche giovane s'affaccia e prende il posto del vecchio è per ragioni dinastiche, vedi Elkann alla Fiat o Marina e Piersilvio Berlusconi a Mondadori e Mediaset; e questo avviene soltanto perché c'invecchieranno nel ruolo, fino alla loro naturale, biologica fine. Il giovane che traghetterà il PD verso il futuro è un signore di 58 anni, un virgulto sprintoso secondo il modello italico. Se qualche altro trenta/quarantenne s'affaccia e riesce ad ottenere un incarico è solo in virtù di una paternalistica concessione e in cambio di una totale adesione alla weltanschauung del vecchio che gli ha dato l'investitura, il quale ne ha un ritorno d'immagine giovanilistica che nella sostanza è vuota d'ogni senso: sono giovani servi precocemente invecchiati.
La Serracchiani era tosta sul nascere, e tutti ad applaudire, ma adesso?
Ne consegue che se sei giovane, brillante, creativo, intelligente, preparato o invecchi precocemente, ti sistemi da qualche parte e non molli fino a che non ti vengono a mettere il catetere e ti dicono che sei morto, oppure? Molti vanno via. Molti tenacemente invecchiano lottando ( e poi, se ci riescono, vanno in pensione).
Ma è il Paese che è così. Mettiamocelo in testa. L'idea della fissità rassicura i più. Il ventenne geniale è bello e straordinario se ha un nome straniero, qui da noi al massimo va in tv in una trasmissione per fenomeni da baraccone.
Bisognerebbe ci fosse una generazione, forse due, che si mettesse da parte, saltarla a piè pari, passare al nuovo, rischiando certo, ma perché no? Peggio di come stiamo. Ma le file sono lunghe e nessuno sarà mai disposto a cedere.
Languiremo così, tra vecchi tenaci e protervi o dovremo aspettare un dopoguerra che, per ragioni di numero d'adulti morti lasci spazio ad un nuovo, vero ricambio? Nessuno se lo augura e dunque, ha ragione Cino Tortorella, in arte il Mago Zurlì, ridategli il posto. Se lo merita tutto. Anche noi.
Francesco Randazzo
Ha ragione.
Questo è il punto cruciale, il nodo gordiano della faccenda. Il Mago Zurlì ha ragione.
Questo è il paese dove vanno in pensione solo i poveracci, tutti i posti più rilevanti dall'industria, alla cultura, alla politica sono occupati da vecchi. Magari grandi vecchi, ma vecchi. Obama ha 47 anni, Berlusconi 73, tanto per fare un esempio. In Italia a 47 anni o sei un fallito precario o una giovane promessa. Se qualche giovane s'affaccia e prende il posto del vecchio è per ragioni dinastiche, vedi Elkann alla Fiat o Marina e Piersilvio Berlusconi a Mondadori e Mediaset; e questo avviene soltanto perché c'invecchieranno nel ruolo, fino alla loro naturale, biologica fine. Il giovane che traghetterà il PD verso il futuro è un signore di 58 anni, un virgulto sprintoso secondo il modello italico. Se qualche altro trenta/quarantenne s'affaccia e riesce ad ottenere un incarico è solo in virtù di una paternalistica concessione e in cambio di una totale adesione alla weltanschauung del vecchio che gli ha dato l'investitura, il quale ne ha un ritorno d'immagine giovanilistica che nella sostanza è vuota d'ogni senso: sono giovani servi precocemente invecchiati.
La Serracchiani era tosta sul nascere, e tutti ad applaudire, ma adesso?
Ne consegue che se sei giovane, brillante, creativo, intelligente, preparato o invecchi precocemente, ti sistemi da qualche parte e non molli fino a che non ti vengono a mettere il catetere e ti dicono che sei morto, oppure? Molti vanno via. Molti tenacemente invecchiano lottando ( e poi, se ci riescono, vanno in pensione).
Ma è il Paese che è così. Mettiamocelo in testa. L'idea della fissità rassicura i più. Il ventenne geniale è bello e straordinario se ha un nome straniero, qui da noi al massimo va in tv in una trasmissione per fenomeni da baraccone.
Bisognerebbe ci fosse una generazione, forse due, che si mettesse da parte, saltarla a piè pari, passare al nuovo, rischiando certo, ma perché no? Peggio di come stiamo. Ma le file sono lunghe e nessuno sarà mai disposto a cedere.
Languiremo così, tra vecchi tenaci e protervi o dovremo aspettare un dopoguerra che, per ragioni di numero d'adulti morti lasci spazio ad un nuovo, vero ricambio? Nessuno se lo augura e dunque, ha ragione Cino Tortorella, in arte il Mago Zurlì, ridategli il posto. Se lo merita tutto. Anche noi.
Francesco Randazzo
Se ci pensi bene, in questo paese la terza età (ma oramai, secondo me, si potrebbe pure parlare di quarta), ha sempre dominato la scena. Sin dai tempi della vecchia DC. D'altro canto, si sa, "è megghiu cumannari ca futtiri", e nessun uomo di potere potrà mai ambire a fare il pensionato. Pensionati: categoria sociale che non comanda e nemmeno fotte.
RispondiElimina