3. Salvatore Niffoi
Qui da noi, a Malloppeddas, sangu crama sangu, e certe mattine neanche il sole si fida di sorgere per non far succedere scandalo grande: lo vedi barcollare come un ubriaco in mezzo al cielo, che a quell’ora è più livido e viola dell’arraschiu di un tisico morente, e rituffarsi dietro le montagne di Sas Bulas Spoioladas come un topo nella sugna, fiùùùùùùùùùù, fìfì, fiùùùùùùùùùùùùùù, come una lamia sulle mammelle d’una pitzinna, oltre i vigneti di Abbas Tzicorrosas et Putzinosas, tàtàn, tàn tàn, cacatàtàtàn, tàtàn tàtàn tàtàn tàtàn, come un lupo sull’anzone strazziolato, verso la pianura di Sa Buzara de Babbachiuzi Tzoppu, splìn, splìììììììììììììììììììn, tìn tìn tìn, spùc, spòc, spùc, e atzutzuddarsi con la luna barbaricina che non vuole saperne di tramontare e di perdersi il primo isquartamento della giornata. Perfino il maestrale, da urlo, si fa bisi-bisi sommesso per non coprire i lamenti dei latitanti contro carabinieri e malagiustiscia, taccullidas de bocchisorzos iscannados che calano come un manto morbido e triste sulla vallata: «Eo mi corco in su lettu meu, anima e corpus incumando a Deu, anima e corpus a Santu Giuanne; s’inimigu mai no m’ingannet, s’inimigu mai no mi tochet, né a die né a notte, né in vida né in morte, iscuru a chie confidat in homines, pustis de sa tempesta benit calma, abba et bentu benint a passare, sa vortuna ata arribare».
Già, perché a Malloppeddas, come a Mammuddones, a Su Coddu Ismiddatu, a Sas Madixeddas Subra Mortos, a Viduantzia Gaddighinosa, a Bagassedda Ischerfiada e a Passu Tra Fogu la vita è cupa e dirgrasciata come la lottura, la miseria fa venire il gelo ai piedi, e sangue chiama sangue, rayolu rayolu, astiu astiu, vinditta vinditta. Frùùùùùùùùùù, bùmbùmbùm, scatataplàk, plìk, plèk. Così è sempre stato, e così sempre sarà, fino alla fine dei tempi. Pthù!
Se vi trovate a passare di qui tirate dritto e non guardate in faccia nessuno. Non azzardatevi: conosco più di un balentino che ancora scappa a gambe levate per la Calada d’iscramintados con la carne a brandelli, e altri che non hanno avuto nemmeno il tempo di pentirsi della troppa abbalansa.
Oddeu, mischineddos, manco ai cani.
Questa gente non è stoffa da farci stole. La loro pelle scavata nel marmo ingrato di Nurghilè è fulva come un’ascia appena cavata dalla brace, le loro mani sono più dure del cristallo di cava, gli occhi sembrano quelli di una faina nel pollaio. E chi è colpito dal fulmine ringrazia Dio per averlo baciato in fronte, poi si avventa sul primo che passa come un falco sul coniglio sbadato, aaaaaah, aaaaaaaaaaaaah, aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaah, sdùn sdùn, trìcchete, tràcchete.
Tirate dritto. E state alla larga soprattutto da mannai Zippulledda Corconè, che vaga eternamente per le strade con le sue scarpe di vacchetta, la cappa di velluto e le gambe a ighisi come verghe di steccato, nichidada e ammuscincada come una mastina orba della cucciolata.
«E comente ti permittis? ― è il suo grido di guerra quando qualcuno le posa gli occhi addosso, anche per sbaglio. ― Custa la paghi cara, berme, burdu! Ti tzaccu s’ischina, ti mangio il cuore, ti crasto con la roncola, ti brucio la casa con tutta la tua berentzia, ti spacco la colondra con l’istratzone fino alla pelcia del culo, che il crancu t’allufflasse il cervello, su malecaducu t’irbeccasse, la gutta ti deve abbulvuddare come un pallone prenu di cacarugnulu, t’addentigasse il demonio, che tu possa derroccare nell’isprefundu, ballaloi! Ajò, io passeggio in grascia e Deus e tu osi guardarmi per far parlare la zente limbuda? Non puoi barigare alla mia vendetta, cozzone! Accocónati e fatti ratzigare cussu cabu di mortu, abuminiu de sa terra, birgonza de su populu gabillu!». E se la vittima non le sfugge di mano, tutti alzano gli occhi al cielo e si fanno il segno della croce. Tutti, tranne il padre e i fratelli del malcapitato, che restano fermi come pietre pregustando il momento in cui la squarteranno come una scrofa dopo averla fottuta a turno come solo i barbaricini sanno fare, e spargeranno le sue carni smembrate nelle forre di Malloppeddas, Mammuddones, Su Coddu Ismiddatu, Sas Madixeddas Subra Mortos, Viduantzia Gaddighinosa, Bagassedda Ischerfiada e Passu Tra Fogu.
Perciò si narra che i bambini di queste parti nascondono i loro sogni nei teschi sbeccuzzati dai corvi.
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