Furono
quelli i suoi giorni più quieti e più belli.
L’angoscia
che lo opprimeva all’idea di non aver concluso nulla a quarant’anni compiuti e
che gli aveva tenuto gli occhi spalancati e doloranti per tante notti, s’era d’un
tratto dissolta. La vita aveva preso un gusto nuovo, un incanto più intenso.
Abbandonata
ogni attività, vagabondava allegramente per i tanti giardini e le infinite strade
e piazze della sua Roma. Si fermava a pranzare e cenare nei posti migliori e ne
usciva sempre leggermente ebbro.
Quando,
in quella bella serata di giugno, rientrò nel suo appartamento accaldato,
stanco, stranamente soddisfatto di sé, quasi non ricordava più la sua
nerolucida cintura che penzolava annodata da quella canna d’acciaio in cantina;
né avrebbe mai immaginato fosse così facile e naturale infilare la gola nel
cappio.