Un mattone
dietro l’altro [another brick in the wall, roba vecchia] le maestranze hanno
eretto muri portanti, collegamento tra fondamenta della tradizione e proiezione
verticale del grattacielo, seguendo le leggi della fisica, il filo a piombo,
maneggiando cazzuole e secchi colmi di malta/cemento. Hanno sudato fatiche
evaporanti, canottiere che incorniciano petti villosi sono zuppe ormai.
Intrise, meglio. Verranno strizzate e lavate l’ennesima volta, ma la loro
destinazione d’uso non cambierà nel futuro prossimo e nemmeno nell’anteriore.
Meglio intrise, simbolo d’appartenenza a categorie tutto sommato immutabili
procedendo nello spaziotempo.
«Capisci adesso
perché detesto i romanzi con un costrutto? Le storie potenti, parafrasabili,
forzate su tragitti unici, dritti? E perché ho sempre preferito la più futile
delle divagazioni alla scena madre, il timbro al significato…»
Il geco.