Oltre al sonno e alla concentrazione ci sono anche altre cose che non sono state dette a nessuno.
Giornate intere che scompaiono, e brevi attimi che diventano un’eternità.

(Peter Høeg)

venerdì 30 novembre 2012

Il cane di Pavlov



Ha la cuccia nel desiderio nostro
sta acquattato silenziosamente
nel nostro tubo molto diligente
gli piacciono assai le suonerie
e chatta spesso dentro a feisbuc

Sbava talmente tanto che gli manca
il tempo di pensare a cosa mangia
e se non mangia aspetta lo drindrin
per sbavare aspettare sbavare
senza abbaiare né protestare
Basta un pezzetto di qualcosa
anche fango anche merda
che suoni prima a reclame
per stare allegro come un imbecille

Il cane di Pavlov è morto ma
a ben guardare dentro ognun ce l'ha

Questa è una filastrocca sciocca
Questa è una strocciocca scifila
Chi la snocciola il senso infila

Dottore Dottore ho male al kuore
eppure non mi muore non mi muore

Ha letto Thomas Mann e quel del cane
Non si torturi l'uomo è un gran bastardo

Squillano i campanelli imperiosi
e il dottor Pavlov rulla su un bel samba
il cane mio si zompa e mi divora

Ah quant'è brutta di notte la contr'ora

M'ubriaco come corpo morto amaca



©francescorandazzo_2012


 

mercoledì 28 novembre 2012

Sentirsi come Walter Benjamin a Port-Bou



Sentirsi come Walter Benjamin a Port-Bou
ma obbligarsi alla pazienza e sperare così
che la valigia non si perda né la vita
e il fitto di cinque anni al cimitero
non si sprechi Piuttosto che domani
si potrà salpare verso un nuovo mondo
anche se adesso non s'immagina vero
Aspettando eppure c'è bisogno
di morfina in giuste dosi per reggere
il peso insostenibile del mondo in pezzi
rallentando il respiro ma non troppo
e il corpo risentirlo nella mente
e il pensiero rinvigorire le membra
sforzare il cuore esausto a credere
e tacersi tacersi tacersi il peggio
che lievita e alita e inumida la pelle

Sentirsi come Walter Benjamin a Port-Bou
evitandosi l'errore della ragione estrema

L'angelo nuovo non dovrà voltarsi



©francescorandazzo_2012











giovedì 22 novembre 2012

Quel che non è sogno




Quel che non è sogno

Lascia che in quest'ora io ti parli
di dolore, con allegre
parole. Già si sa
che lo scorpione, la sanguisuga, il pidocchio,
a volte curano. Ma tu ascolta, lasciami
dirti che, nonostante
tanta deplorabile vita, sì,
nonostante e ancora adesso
che siamo nella sconfitta, mai domati,
il dolore è la nube,
l'allegria lo spazio;
il dolore è l'ospite,
l'allegria la casa.
Che il dolore è il miele,
simbolo della morte, e l'allegria
è agre, secca, nuova,
l'unica cosa che possiede
vero senso.
Lascia che, con vecchia
saggezza, dica:
nonostante, nonostante
tutti i nonostante
e pur se sia molto dolorosa
e pur se sia a volte impura,
sempre, sempre
la più profonda verità è l'allegria.
Quella di un fiume torbido
fa pulite le acque,
quella che fa io ti dica ora
queste parole così indegne,
quella che ci arriva come
arriva la notte e arriva il mattino,
come arriva sulla battigia
l'onda
irrimediabilmente.


Traduzione di Francesco Randazzo



 Il testo originale in spagnolo nel blog di Pedro Pablo Novillo Cicuéndez, QUEPENSAR, il quale ringrazio per avermi fatto conoscere questo poeta spagnolo contemporaneo imprescindible.

Il sito di Claudio Rodrigues, qui.




lunedì 19 novembre 2012

Primitivi al futuro


parleremo senza tregua della ruota due
raggio per pi greco ruzzolare non è ahimè
rotolare il pendio mantendosi uguale muta
punto di vista se potrai l’overcraft sovviene
esempio non pavoneggiarsi ciclomunito
usata violenza eppure all’attrito salirà
semmai di rincorsa

lunedì 12 novembre 2012

«SENZA» cortometraggio in 10 secondi




SENZA
cortometraggio finalista al YES WE TEN, Ozu Film Festival 2012

sceneggiatura e regia di Francesco Randazzo
con Rossana Veracierta
musica di Calogero Giallanza







sabato 10 novembre 2012

Scrivere lettere nel buio



Scrivere lettere nel buio
Sentirsi sotto una coperta
con le spalle protette
e rischiare l'azzardo
con parole salate

Qualcuno bussa tra le costole
Sospiri freddi sopra i tetti
Tutti i cani randagi sono morti
L'igiene del mondo è una tortura
A Woodstock non c'erano le docce
negli antri di Wall Street anche troppe

Comprerò un frigorifero grande
e là congelerò un respiro profondo
nel tempo di oggi per altri domani





©francescorandazzo2012







martedì 6 novembre 2012

ombelico mobile


dall’abitacolo particolato
(senti la ventola, muove al filtro hepatico)
in punta di lancetta limitatamente centodieci
nei finti elisi sotto l’arco led Infotraffico
settembre ventinove ’miladodici condividi su

venerdì 2 novembre 2012

2 novembre





I cani della morte abbaiano
ogni giorno intorno a me
Stanotte tacciono ed io
li guardo fisso negli occhi
Vorrei addormentarli
ma loro tengono sveglio me

È il due novembre
ballo coi miei morti
come fosse niente
quello ch'è accaduto

Canto nel silenzio
le affollate assenze
nella mia cattedrale
di porosa memoria

E parlo parlo parlo
senza aprir bocca
lingue sconosciute
che non ricordo
d'aver dimenticato

I cani della morte abbaiano
ogni giorno intorno a me
Stanotte tacciono ed io
li guardo fisso negli occhi
Vorrei addormentarli
ma loro tengono sveglio me






©francescorandazzo2012








giovedì 1 novembre 2012

Recensione di Fabrizio Centofanti a "Shechinàh"


Shechinàh, di Francesco Randazzo, é un poemetto straordinario, che trascina in un vortice di santi e puttane, carabinieri e migranti, situazioni quotidiane trasfigurate da un’ironia sottile, che a volte si trasforma in sarcasmo, a volte si scioglie in commozione che non puoi controllare. Una denuncia garbata e spietata, nello stesso tempo, delle contraddizioni che infarciscono la vita, sempre esposta al pericolo della rovina e al bagliore inaspettato della grazia. Un racconto allucinato e lucido che si snoda tra due abissi: quello di un male che degenera spesso nella farsa della mediocrità e quello di una dignità miracolosamente ritrovata. Si ha l’impressione di toccare con mano la gigantesca domanda d’amore di un’umanità derelitta e, contemporaneamente, di sfracellarsi contro il muro di una perpetua estraneità. Il tutto racchiuso in un linguaggio poetico frammentato e musicale, che ricorda certe opere novecentesche tra Sibelius e Bartók. Numerose le ascendenze che si potrebbero evocare: da Bob Dylan a Bertolt Brecht, da Ginsberg a Dostoevskij; ma l’esito finale é un’originalità compatta e fluida. L’amore di un poetico Gesù si comunica a un mondo variegato, fuori di ogni schema, dove l’unica certezza é la disperazione di innocenti che finiscono con l’inciampare casualmente in una inedita speranza. Tra filosofia e letteratura, teologia e hilarotragoedia, il poemetto fila via con aria impertinente e imperturbabile, come se l’unico modo per conoscere il mondo fosse quello di un sorriso leggero, sospeso tra Calvino e Milan Kundera, che si tira dentro la tradizione epica e lirica italiana, da Ariosto a Dario Fo. I miracoli di un Gesù un po’ dandy e un po’ comunista s’intrecciano con una scrittura che mescola clamorosamente Dio e il gorgonzola, il mistero della vita e il cavolfiore grande come un cocchio; un cortocircuito di cui diviene simbolo magistrale il trittico morte subita – risurrezione – morte accettata come approdo sereno di una vita retta, nella scena dell’incidente stradale; o in quella strappalacrime di Dio che vorrebbe dare al mondo corrotto una lezione esemplare, spaventosa e apocalittica, e invece é fermato dalla supplica di una semplice bambina. Il riso finale della coppia di giovani in amore é un sigillo che tiene viva, nella memoria del lettore, la densitá e la leggerezza di una storia senza tempo e, direi, felicemente riuscita.



Francesco Randazzo, Shechinàh, Amazon, euro 2,68.