Oltre al sonno e alla concentrazione ci sono anche altre cose che non sono state dette a nessuno.
Giornate intere che scompaiono, e brevi attimi che diventano un’eternità.

(Peter Høeg)

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lunedì 25 novembre 2013

Sto diventando me stesso

Sto diventando me stesso
non ho bisogno di uno specchio per vederlo
sta accadendo proprio adesso
e non c'entra con come mi sento
Tra poco sarò un sasso
immobile e incapace
di fare un solo passo
Non mi aspettare più in là
o domani
non dirmi di stringere
o aprire le mani
o stropicciare gli occhi
davanti al mare immenso
perché sto diventando me stesso

domenica 7 ottobre 2012

TORNO TRA POCO


Torno tra poco
vado a scrivere una poesia
speriamo ne esca qualcosa di buono
Per ora in mano ho solo
una barca a vela
e un gabbiano in volo
Se si scontrano
verrà fuori una poesia corta
Se invece come rette parallele
continueranno a planare
una di qua e l'altro di là
verrà fuori un testo sulla libertà
Torno tra poco
sento che c'è molta carne al fuoco                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                

venerdì 1 giugno 2012

I ciechi conoscono i cieli

I ciechi conoscono i cieli
e spesso hanno un loro concetto
degli arcobaleni
Più di tutto sono esperti di spazi immensi
e di giorno vanno di notte nei deserti

Ci vuole immaginazione
per credere nelle rose
Ci vuole un bel po' d'esperienza
per setacciare la realtà dall'apparenza

A volte un cieco giovane
ritorna un cieco vecchio
Ma ho visto ciechi che hanno visto ciechi
che hanno visto ciechi
che hanno visto se stessi allo specchio

lunedì 8 agosto 2011

SONO VENUTO SOPRA LA TUA FOTO

Sono venuto sopra la tua foto
quella che guardavo
furtivamente come un ladro
e di cui volevo fare un quadro
I tuoi occhi sembravano chiedere un figlio
Avevi denti bianchi come un giglio
e con labbra increspate
come onde di mare
parevi sporgerti
verso qualche oltre
L' ho guardata ancora
un'ultima volta
L' ho ammirata e mirata
e poi l' ho travolta

domenica 27 febbraio 2011

LA BOCCA A FORMA DI CHIGLIA VICHINGA

La bocca a forma di chiglia vichinga
si aggirava come sempre ubriaca
tra i divani, con le mani da zingara
esperta in amore ed il cuore staka-
novista, vuoto come una siringa
Girava col suo umore di lumaca
si fermava preparando un' arringa
Ma appena apriva bocca...una cloaca

Voleva le provassimo il respiro
perché il suo uomo lui l' avrebbe uccisa
se la scopriva. E se gli davi retta
appena gli giungevi sotto tiro
crollava come una torre di Pisa
con quella sua bocca a forma sospetta

Io in genere non mi trovavo il naso
quando passava lei: me lo schiacciavo
per renderlo meno ovvio e, nel caso
me lo scopriva, agghiacciato gridavo
di non averlo, che ero tutto raso
da quando ero finito accanto, a tavola
a un noto assaggiatore sadomaso
smorsato prima e quindi fatto incavo

Mi risparmiò sempre, per tenerezza
forse. E fu una fortuna tutta mia
che quella strana vita sia passata
Solo a distanza colsi la sua brezza
Ma oggi, forse, dalla nostalgia
mi ci sottoporrei, alla fiatata

Giuro che sembrava di stare dentro
un racconto di Poe: proprio nel centro.

venerdì 26 novembre 2010

DUE POESIE SUL RICORDO

I

Roba da robivecchi
i tuoi ricordi
roba da beccamorti
andrebbero sepolti!
Tu invece te li coccoli
li accarezzi li soccorri
A volte te li baci
come se potessi rianimarli
Il fatto è che l' anima non ce l' hanno
e nemmeno più un corpo
Hai mai visto un ricordo risorto?


II

Non è lo stesso rivederti in bianco e nero
in un cinema assonnato
che ha perduto il suo mistero
Non è lo stesso ricordarsi le battute
e perfino cosa dicono
le scroscianti scene mute
Non è lo stesso ritrovarsi nei paesaggi
di una storia che riappare
solo perché crea miraggi
Non è lo stesso riconoscere il racconto
e sapere che alla fine
sarò io a pagare il conto

domenica 3 ottobre 2010

OTTO BUONI MOTIVI

-Dammi otto buoni motivi
perché non debba ucciderti-
mi disse il terrorista col coltello
Il mio cuore era in assedio
Sentivo la lama sulla gola scorrere
Non sapevo che dire e avevo timore
Di non saper contare fino a nove
Ma mi feci coraggio e segnando
Con le dita cominciai:
-Perché sono tuo amico- dissi esitante
-Perché tengo famiglia- supplicai
-Perché devo terminare il mio romanzo in dieci tomi
-Perché non ho mai visto New York!-
Sudavo freddo, perdevo colpi: il coltello
Sul mio collo cercava uno zampillo
Mi mancavano quattro ragioni
-Perché non sono pronto-urlai
-Perché voglio morire da eroe-
Niente, non ero convincente
E ne mancavano due
Che non avessi un motivo?
Non uno per volermi vivo?
-Perché io sono un essere innocuo-
Provai a impietosirlo
E fu in quel momento che si aprì l’ abisso
Io, che ero io, non ne avevo mezzo, di appiglio
Sentii tutto crollarmi, mi sfilarono davanti gli anni
Vidi il cielo gonfiarsi
E aspettavo ormai che agisse
...Sono troppo poco Ulisse
Per la tua isola, Circe...
Eppure
Ancora qualcosa mi tratteneva
Qualcosa che scorreva in ogni vena
Come un torrente, una rabbia, un insulto, una violenza
E dissi
-Perché voglio sopravvivermi!-

sabato 10 luglio 2010

HOPPER

Tutto è così limpido
tutto è così nitido
talmente solidamente in bilico
che pensare al presente
e ad altri rimpianti mi appare ridicolo
Entro in un locale
prendo un tavolo
mi siedo in un quadro di Hopper
e sbircio da lontano
il nero accecante della mia morte

domenica 6 giugno 2010

ARMI DA DIFESA

Qui al buio davanti a un computer
a battere parole bare
quando poesia sarebbe uno scooter
che ci portasse fino al mare

Poesia è forse bugia
che sogna la verità
Poesia è amnesia
che lascia le pagine a metà

Ma ho sempre usato il bilancino
anche in prosa
Sono anni che spino
una rosa

Per non rischiare di graffiarmi
uso guanti da presa
Sento il bisogno di armi
da difesa

domenica 21 marzo 2010


DA QUESTA PARTE DELLA MORTE

Te l’ hanno lasciata così, senza mettere un paravento in mezzo. Non le hanno chiuso la bocca, non le hanno steso un lenzuolo sopra. Tra gli infermieri è iniziato un va e vieni. Devono decidere a chi tocca chiamare i parenti. Il figlio è stato qui fino a pochi minuti fa. Mezz’ora prima la imboccava. Uscendo, ti aveva pregato di darle un’ occhiata e tu ti eri messa subito a strillare appena lei aveva preso a tremare. Avevi chiamato l’ infermiere, ma non era venuto nessuno. Poi lei aveva cambiato colore e si era sentito un odore tremendamente forte. L’ avevano provata a rianimare, ma senza molta convinzione. Erano già intimiditi, come in soggezione,forse timorosi di schiacciarle le costole o impreparati davanti alla morte. La sera prima li avevi sentiti scommettere tra loro. Uno diceva che non sarebbe arrivata alla fine del mese, l’ altro che non superava la settimana. Ti eri concentrata per capire se stessero parlando di lei o di te. Guarda come respira, dicevano. Pesa come uno scheletro! Quei commenti potevano riguardarvi entrambe. Pure i parenti lo sanno che è andata, avevano detto a un certo punto. Quindi non parlavano di te, visto che i tuoi sono anni che non li vedi. Comunque un terzo infermiere, nella scommessa, aveva aggiunto che non solo non superava la settimana, ma nemmeno la giornata. Si era sbagliato di poco, questione di ore. Quell’ infermiere è il più cinico del mondo: tratta tutti con sarcasmo. A volte, dai tuoi pasti, fa sparire il dolce. Lo hai sentito con le tue orecchie. Gli fa male, sorride, a bocca piena, ha il colesterolo troppo alto: un’ altra fetta di torta e fa tombola!

2
Con Salvatore,il figlio della signora, avevate parlato delle Olimpiadi di Roma. Quando ti ha detto che di anni ne aveva sessanta, ha specificato “come l’ anno delle Olimpiadi”. Eravate bambini, lo stesso giorno nello stesso posto. Lui, in quello stadio, rammentava un atleta in particolare: miope, con gli occhiali, ma che il traguardo lo vedeva meglio di tutti gli altri. Tu ricordavi, invece, migliaia di persone tutte insieme: una persona in forma di folla. Ci siamo ritrovati qua, aveva commentato lui. Forse pensava che, intorno al tuo letto, c’ era tutto, tranne che una folla. Ti aveva lasciato il suo numero, per ogni evenienza. Non gli piacevano gli infermieri. E ora avrà una conferma alla sua diffidenza. Guardi il numero nella rubrica. Non lo chiameresti se fossi certa che lo avvertissero gli altri, ma non vuoi che a chiamarlo sia un cinico, che gli ripeta si faccia coraggio, oppure aveva novant’ anni, prima o poi succederà a tutti, minimizzando con una gomma, o un sorrisetto in bocca. Fai il numero. Lui risponde subito, ma non dice pronto, non dice chi è, non dice chi parla. Dice no. E tu gli rispondi sì.

3
Poco dopo lui è lì insieme ad una specie di gemello. Quel fratello non era mai venuto prima, forse perché era troppo elegante per varcare la soglia di un ospedale! -Il dottore aveva detto che potevo andare. Mi aveva garantito che mi potevo fidare- si lamenta Salvatore -Aveva passato i novanta. La sua vita l’ha fatta- lo consola quello elegante. Ora la bocca gliel’ hanno chiusa, mettendole una garza sul mento. I due figli sono ai piedi del letto. Quello elegante è dritto e sembra un pezzo di carne da scongelare. Salvatore pizzica le guance della madre. La tocca con la punta della mano, come se stesse sfiorando il passato. A un certo punto, si gira, accorgendosi che tu sei ancora viva. -Ha sofferto?-ti chiede.

4
Immagini che sia lei a guardare te morire e la tua bocca spalancata davanti ad estranei. Potendo scegliere, preferiresti che ti chiudessero subito la bocca, ancor prima degli occhi. Chiudi il becco, quello te l’ hanno detto, ma nessuno ti ha mai ordinato di abbassare le palpebre. Stai zitta che non hai nulla, ti diceva tua madre. E, invece, non aveva capito niente. Sempre a minimizzare le tue cose, fin da piccola: i tuoi amori, le tue malattie, le tue passioni. Mauro, secondo lei, era un capriccio. Durano vent’ anni i capricci? Allora anche la vita dovrebbe essere catalogata così! Il “capriccio” di Mauro per te era durato fino all’ ultimo respiro. Se ne era andato, con te accanto, guidando. Aveva messo la mano sul petto, ma l’ altra l’ aveva tenuta sul volante e chissà che sforzo aveva fatto per rallentare: il suo ultimo atto d’ amore. Entrano una donna con due ragazzi. La fissano e piangono. Il ragazzo ti guarda a disagio. Sembra dispiaciuto che tu debba assistere, così da vicino, al loro spettacolo. Non sa che non sei una semplice spettatrice, ma una protagonista di questa storia, visto che hai la stessa cosa di sua nonna.

5
Ora tutti la toccano, compreso il ragazzo. Chissà se da viva l’ ha mai carezzata. Ognuno ha il suo saluto speciale. Il figlio elegante le aggiusta i capelli. La signora le tiene la mano sulla fronte, come se dovesse provarle la febbre. Salvatore la sua mano non la stacca più, quasi volesse percepire anche lui il freddo della morte, o stesse provando a farle sentire calore. Ha vissuto la sua vita, dice l’ uomo elegante. Sembra che gli sia morta una mosca, non la madre. La vita è così, ripete al cellulare, si nasce e si muore. Lui pensa già ai dettagli. Chiede all’ infermiere cosa debbano fare. Quello gli parla della cappella mortuaria, dove dovranno firmare un paio di carte. In mano ha già pronta una penna sgargiante, mentre gli altri hanno le mani occupate ad abbracciarsi. –Non ha sofferto- si ripete Salvatore -Deve essere seppellita a Pompei - sentenzia, come se fosse un ordine,il nipote -Erano quelli i suoi desideri- Sarà spirata da un’ ora e già, da questa parte della morte, sono successe tante cose. E’ uscita fuori la storia di un cimitero a Pompei, dove c’ erano mille alberi da frutta accanto ai cipressi e dove lei, da bambina, prendeva le susine, col guardiano che le strillava assassina, invece che ladra. Ma assassino non è chi uccide i vivi? E lì l’ unico vivo non era il becchino? In quest’ ora è successo anche che Salvatore intonasse alcune note. Era questa, spiega, la sua canzone preferita. La faceva al pianoforte, con due dita! –Vostra nonna era una donna seria- dice ai suoi figli. Dopo un po’ si affaccia l’ infermiere, che chiede ai parenti di uscire. Tutti quanti lo seguono distratti, scordandosi di salutarti. L’ infermiere è raggiunto da un altro con cui tirano la salma dentro uno scrigno metallico. –Peserà quaranta chili- dice uno. -Quarantaquattro. Forty-four- rilancia quello cinico. E poi, per sancire la scommessa, si stringono la mano: dieci euro. Io peso 45, vorresti dirgli. Ho 63 anni. Ho un figlio chissà dove. Non ho mai visto Praga. Non ho più fatto l’ amore da quando avevo 40 anni. Ho amato alla follia la musica di Schumann e la città di Vienna. Ho dipinto cose strane per un po’. Ho dimenticato tutte le preghiere che conoscevo, ma non tutte le poesie. E quando sarà il mio momento, casomai reciterò dei versi, vi prego non scommettete se è una poesia vera o una preghiera.

6
Il letto è vuoto adesso. C’è ancora la forma della signora. Ti viene voglia di parlare con la sua ombra. In alcune lingue neolatine “uomo” e “ombra” suonano quasi allo stesso modo. Sono lingue intelligenti, pensi. Ora sei sola. Ti senti un poco lei. Fai le prove: spalanchi le braccia. Chiudi gli occhi e apri la bocca. Apri gli occhi e la bocca. Chiudi la bocca e apri gli occhi. E non dormi.

7
La camera mortuaria è spoglia. La signora, invece, l’ hanno vestita a festa, di nero e di verde. Non sai neanche perché l’ hai voluta rivedere. In genere, non ti piace farti mettere sulla sedia a rotelle, ma qualcosa ti ha attirata, come uno strano odore. La nipote ripete che è bellissima. Suo fratello aggiunge che è meglio che in vita. La palpeggiano un’ ultima volta. E’ freddissima, dice qualcuno. Temperatura ambiente, commenta Salvatore. La sfiora col palmo aperto, dopodiché, sempre con il palmo, misura le sue spalle. Spalanca la mano tre volte, poi ripete l’operazione. –Porco Dio, questi non sono 50 centimetri-bestemmia- Non sono nemmeno 55!- -Non entrerà mai. Gliel’ avevo detto che, a Pompei, sono più piccoli i fornetti! Quel beccamorto del cavolo ci ha riciclato una bara standard! –Questi non sono 50 centimetri-ripete, mostrando a tutti la sua mano. Ora Salvatore sta parlando al cellulare, mentre il fratello elegante, che è conciato in maniera inappuntabile, ascolta la chiamata a distanza. –…Al cimitero non si sega niente, col buio e tutto -urla Salvatore - La risolve qui, la cosa, o c’ entra lei,invece di mia madre, nella tomba. Sa che le dico? noi non ci presentiamo al funerale e così lo saprà tutto il quartiere come lavorate bene!- Ti senti agitata. Non ti regge di restare. Da lontano senti ancora gridare. Poi odi soltanto la tua sedia a rotelle, che cigola su per la rampa, lentamente. Non si sa come finirà la faccenda della bara. L’ infermiere sta ridendo. Forse anche su questo staranno già scommettendo. La morta è in ritardo, pensi, sdraiandoti.



Simone Consorti

domenica 14 marzo 2010

TRE VARIANTI DI BACI

1
Mi mandavi baci in bocca
col piccione viaggiatore
La bestiola mezza tocca
ci metteva quindici ore

Delegavi le minacce
al tuo falco da primato
Se perdeva le mie tracce
c' era un' aquila in agguato

Mi mandavi a quel paese
grazie a un pappagallo giallo
Quello pieno di pretese
si portava il piedistallo

Ma venivi di persona
quando c' era da volare
Sento ancora l' aria buona
sopra un mare di zanzare


2
L' ultimo bacio l' ho dato
a pagamento
Il penultimo
a tradimento
Il terzultimo
l' ho colpita sul mento
Il quartultimo
ha creato sgomento
Il quintultimo
è durato un momento
Il sestultimo
non lo rammento

3
Bianco è il nostro bacio
Sa di lenzuola
d' ospedale
e di tramonti
andati a male

lunedì 8 marzo 2010

D' IN SULLA VETTA D' UNA TORRETTA

D' in sulla vetta d' una torretta
Visionario, solitario stai
Passero che sogni ben altra vetta
Passero che non ti passerà mai

Dì lì vedi dentro una toletta
Una donna che con gesti gai
E' più di mezz'ora che si umetta
Mentre in cucina il forno fa guai

Vedi ragazzi andare di fretta
Chissà dove, verso quali viavai
Dalla toletta spunta una tetta
Ma tu te la sei persa. Ahi

Tutto il mondo non è che disdetta
Canti e trapassi, questo lo sai
E sempre è la parola non detta
Quella che in punta di lingua hai

Dovremmo fondarla questa setta
Di disperati! Che società! I
Membri saremmo io, te, chi è in bolletta
Leopardi e quant' altri. Dai

Figurati che mi innamorai
E lei era talmente abietta
Che quando una volta mi ammalai
Si rifiutò di farmi la peretta

Passero, questa vita va stretta
A te come a me, vita di guai
Senza donne o qualcuno che ammetta
Di amarci con l' anima; in mezzo a vespai

E a libri buoni solo a far cassetta
Senza più editori buongustai
...No, pur senza l' alloro che ti spetta
Tu del tuo costum non ti dorrai

Né io cercherò una mia vendetta
Io scriverò e tu il volo prenderai
Quando l' uomo che tra sé balbetta
La sua noia più non capirai.

VERITA'

Verità non è svuotarsi la coscienza
verità è mantenere una promessa
-Non lo vedrò mai più- mi avevi detto
Per caso ti ha bendata
portandoti a letto?

domenica 14 febbraio 2010

USANDO IL PASSATO REMOTO

I
Non conosco il futuro
ma quando vedo scorrere la Senna
penso ad Epicuro
e che appena uno di noi
verrà trascinato
dalla corrente come un ramo
a nulla gli servirà
aggrapparsi ad un ti amo


II
Quando il tempo sarà finito
e l' amore avrà fatto il suo corso
quando ti vedrò come una gazza ladra
e tu come un orso
per noi non ci sarà un rimborso
Nessuno ci ripagherà
del tempo salvato o perso
Né basterà pregare
la Dea dell' Amore o il Dio dell' universo
quando come ciechi sfioreremo
il braille delle nostre foto
e parleremo di oggi
usando il passato remoto