Oltre al sonno e alla concentrazione ci sono anche altre cose che non sono state dette a nessuno.
Giornate intere che scompaiono, e brevi attimi che diventano un’eternità.

(Peter Høeg)

domenica 21 marzo 2010


DA QUESTA PARTE DELLA MORTE

Te l’ hanno lasciata così, senza mettere un paravento in mezzo. Non le hanno chiuso la bocca, non le hanno steso un lenzuolo sopra. Tra gli infermieri è iniziato un va e vieni. Devono decidere a chi tocca chiamare i parenti. Il figlio è stato qui fino a pochi minuti fa. Mezz’ora prima la imboccava. Uscendo, ti aveva pregato di darle un’ occhiata e tu ti eri messa subito a strillare appena lei aveva preso a tremare. Avevi chiamato l’ infermiere, ma non era venuto nessuno. Poi lei aveva cambiato colore e si era sentito un odore tremendamente forte. L’ avevano provata a rianimare, ma senza molta convinzione. Erano già intimiditi, come in soggezione,forse timorosi di schiacciarle le costole o impreparati davanti alla morte. La sera prima li avevi sentiti scommettere tra loro. Uno diceva che non sarebbe arrivata alla fine del mese, l’ altro che non superava la settimana. Ti eri concentrata per capire se stessero parlando di lei o di te. Guarda come respira, dicevano. Pesa come uno scheletro! Quei commenti potevano riguardarvi entrambe. Pure i parenti lo sanno che è andata, avevano detto a un certo punto. Quindi non parlavano di te, visto che i tuoi sono anni che non li vedi. Comunque un terzo infermiere, nella scommessa, aveva aggiunto che non solo non superava la settimana, ma nemmeno la giornata. Si era sbagliato di poco, questione di ore. Quell’ infermiere è il più cinico del mondo: tratta tutti con sarcasmo. A volte, dai tuoi pasti, fa sparire il dolce. Lo hai sentito con le tue orecchie. Gli fa male, sorride, a bocca piena, ha il colesterolo troppo alto: un’ altra fetta di torta e fa tombola!

2
Con Salvatore,il figlio della signora, avevate parlato delle Olimpiadi di Roma. Quando ti ha detto che di anni ne aveva sessanta, ha specificato “come l’ anno delle Olimpiadi”. Eravate bambini, lo stesso giorno nello stesso posto. Lui, in quello stadio, rammentava un atleta in particolare: miope, con gli occhiali, ma che il traguardo lo vedeva meglio di tutti gli altri. Tu ricordavi, invece, migliaia di persone tutte insieme: una persona in forma di folla. Ci siamo ritrovati qua, aveva commentato lui. Forse pensava che, intorno al tuo letto, c’ era tutto, tranne che una folla. Ti aveva lasciato il suo numero, per ogni evenienza. Non gli piacevano gli infermieri. E ora avrà una conferma alla sua diffidenza. Guardi il numero nella rubrica. Non lo chiameresti se fossi certa che lo avvertissero gli altri, ma non vuoi che a chiamarlo sia un cinico, che gli ripeta si faccia coraggio, oppure aveva novant’ anni, prima o poi succederà a tutti, minimizzando con una gomma, o un sorrisetto in bocca. Fai il numero. Lui risponde subito, ma non dice pronto, non dice chi è, non dice chi parla. Dice no. E tu gli rispondi sì.

3
Poco dopo lui è lì insieme ad una specie di gemello. Quel fratello non era mai venuto prima, forse perché era troppo elegante per varcare la soglia di un ospedale! -Il dottore aveva detto che potevo andare. Mi aveva garantito che mi potevo fidare- si lamenta Salvatore -Aveva passato i novanta. La sua vita l’ha fatta- lo consola quello elegante. Ora la bocca gliel’ hanno chiusa, mettendole una garza sul mento. I due figli sono ai piedi del letto. Quello elegante è dritto e sembra un pezzo di carne da scongelare. Salvatore pizzica le guance della madre. La tocca con la punta della mano, come se stesse sfiorando il passato. A un certo punto, si gira, accorgendosi che tu sei ancora viva. -Ha sofferto?-ti chiede.

4
Immagini che sia lei a guardare te morire e la tua bocca spalancata davanti ad estranei. Potendo scegliere, preferiresti che ti chiudessero subito la bocca, ancor prima degli occhi. Chiudi il becco, quello te l’ hanno detto, ma nessuno ti ha mai ordinato di abbassare le palpebre. Stai zitta che non hai nulla, ti diceva tua madre. E, invece, non aveva capito niente. Sempre a minimizzare le tue cose, fin da piccola: i tuoi amori, le tue malattie, le tue passioni. Mauro, secondo lei, era un capriccio. Durano vent’ anni i capricci? Allora anche la vita dovrebbe essere catalogata così! Il “capriccio” di Mauro per te era durato fino all’ ultimo respiro. Se ne era andato, con te accanto, guidando. Aveva messo la mano sul petto, ma l’ altra l’ aveva tenuta sul volante e chissà che sforzo aveva fatto per rallentare: il suo ultimo atto d’ amore. Entrano una donna con due ragazzi. La fissano e piangono. Il ragazzo ti guarda a disagio. Sembra dispiaciuto che tu debba assistere, così da vicino, al loro spettacolo. Non sa che non sei una semplice spettatrice, ma una protagonista di questa storia, visto che hai la stessa cosa di sua nonna.

5
Ora tutti la toccano, compreso il ragazzo. Chissà se da viva l’ ha mai carezzata. Ognuno ha il suo saluto speciale. Il figlio elegante le aggiusta i capelli. La signora le tiene la mano sulla fronte, come se dovesse provarle la febbre. Salvatore la sua mano non la stacca più, quasi volesse percepire anche lui il freddo della morte, o stesse provando a farle sentire calore. Ha vissuto la sua vita, dice l’ uomo elegante. Sembra che gli sia morta una mosca, non la madre. La vita è così, ripete al cellulare, si nasce e si muore. Lui pensa già ai dettagli. Chiede all’ infermiere cosa debbano fare. Quello gli parla della cappella mortuaria, dove dovranno firmare un paio di carte. In mano ha già pronta una penna sgargiante, mentre gli altri hanno le mani occupate ad abbracciarsi. –Non ha sofferto- si ripete Salvatore -Deve essere seppellita a Pompei - sentenzia, come se fosse un ordine,il nipote -Erano quelli i suoi desideri- Sarà spirata da un’ ora e già, da questa parte della morte, sono successe tante cose. E’ uscita fuori la storia di un cimitero a Pompei, dove c’ erano mille alberi da frutta accanto ai cipressi e dove lei, da bambina, prendeva le susine, col guardiano che le strillava assassina, invece che ladra. Ma assassino non è chi uccide i vivi? E lì l’ unico vivo non era il becchino? In quest’ ora è successo anche che Salvatore intonasse alcune note. Era questa, spiega, la sua canzone preferita. La faceva al pianoforte, con due dita! –Vostra nonna era una donna seria- dice ai suoi figli. Dopo un po’ si affaccia l’ infermiere, che chiede ai parenti di uscire. Tutti quanti lo seguono distratti, scordandosi di salutarti. L’ infermiere è raggiunto da un altro con cui tirano la salma dentro uno scrigno metallico. –Peserà quaranta chili- dice uno. -Quarantaquattro. Forty-four- rilancia quello cinico. E poi, per sancire la scommessa, si stringono la mano: dieci euro. Io peso 45, vorresti dirgli. Ho 63 anni. Ho un figlio chissà dove. Non ho mai visto Praga. Non ho più fatto l’ amore da quando avevo 40 anni. Ho amato alla follia la musica di Schumann e la città di Vienna. Ho dipinto cose strane per un po’. Ho dimenticato tutte le preghiere che conoscevo, ma non tutte le poesie. E quando sarà il mio momento, casomai reciterò dei versi, vi prego non scommettete se è una poesia vera o una preghiera.

6
Il letto è vuoto adesso. C’è ancora la forma della signora. Ti viene voglia di parlare con la sua ombra. In alcune lingue neolatine “uomo” e “ombra” suonano quasi allo stesso modo. Sono lingue intelligenti, pensi. Ora sei sola. Ti senti un poco lei. Fai le prove: spalanchi le braccia. Chiudi gli occhi e apri la bocca. Apri gli occhi e la bocca. Chiudi la bocca e apri gli occhi. E non dormi.

7
La camera mortuaria è spoglia. La signora, invece, l’ hanno vestita a festa, di nero e di verde. Non sai neanche perché l’ hai voluta rivedere. In genere, non ti piace farti mettere sulla sedia a rotelle, ma qualcosa ti ha attirata, come uno strano odore. La nipote ripete che è bellissima. Suo fratello aggiunge che è meglio che in vita. La palpeggiano un’ ultima volta. E’ freddissima, dice qualcuno. Temperatura ambiente, commenta Salvatore. La sfiora col palmo aperto, dopodiché, sempre con il palmo, misura le sue spalle. Spalanca la mano tre volte, poi ripete l’operazione. –Porco Dio, questi non sono 50 centimetri-bestemmia- Non sono nemmeno 55!- -Non entrerà mai. Gliel’ avevo detto che, a Pompei, sono più piccoli i fornetti! Quel beccamorto del cavolo ci ha riciclato una bara standard! –Questi non sono 50 centimetri-ripete, mostrando a tutti la sua mano. Ora Salvatore sta parlando al cellulare, mentre il fratello elegante, che è conciato in maniera inappuntabile, ascolta la chiamata a distanza. –…Al cimitero non si sega niente, col buio e tutto -urla Salvatore - La risolve qui, la cosa, o c’ entra lei,invece di mia madre, nella tomba. Sa che le dico? noi non ci presentiamo al funerale e così lo saprà tutto il quartiere come lavorate bene!- Ti senti agitata. Non ti regge di restare. Da lontano senti ancora gridare. Poi odi soltanto la tua sedia a rotelle, che cigola su per la rampa, lentamente. Non si sa come finirà la faccenda della bara. L’ infermiere sta ridendo. Forse anche su questo staranno già scommettendo. La morta è in ritardo, pensi, sdraiandoti.



Simone Consorti

Nessun commento:

Posta un commento