Oltre al sonno e alla concentrazione ci sono anche altre cose che non sono state dette a nessuno.
Giornate intere che scompaiono, e brevi attimi che diventano un’eternità.

(Peter Høeg)

giovedì 16 agosto 2012

Enueg




Ora nell'orto di cemento crescono
equivoci in frenata con stridore nero
che affaglia la fame chiusa di dentro
Le serre come diamanti esplosi
tracciano di schegge tutto il possibile 
Tu non sei più tu né io sono io
e il mondo nasce anguria silice
di rosso sabbioso sparso asfaltato
Senza fine la fine e la cangianza
ché tutto il mutabile s'impietra e spera
Ma attendersi non è stupirsi È noia
Attorcigliarsi è oggi il gran rifiuto
Distendersi e dormire Forse anche sognare
Nessun impedimento Nessun qui e ora
Nel sempre che di sempre ci accalora

Il mondo dentro il punto di una mano
Il mare in una goccia dentro l'occhio
Il tuono nel tacere dello schianto










© francescorandazzo_2012







sabato 11 agosto 2012

Ho visto una stella che poi non c'era più



Ho visto una stella che poi non c'era più
Com'è possibile papà  Mi chiedi nel buio
mentre soffia il vento e il lago s'increspa

È come quando desideri una cosa
La vedi davanti a te ma sai che non c'è

Ma le altre allora perché ci sono sempre

Qualcuno le ha desiderate tantissimo
E le ha lasciate appese là per sempre

Qualcuna cade però

È vero  Qualcuna si stanca e va giù

Si perde

Se la vedi no   È tua

Per sempre

Tutto il sempre che desideri








© francescorandazzo_2012








mercoledì 8 agosto 2012

Quinta dimensione, scrittura e fruizione nella realtà parallela.



Fresco di stampa il volume "Scritture per il futuro ai tempi delle nuvole informatiche" che raccoglie gli interventi della kermesse tenutasi alla fine di maggio a Fonte Avellana, organizzata da Alessandro Ramberti e Fara Editore.

Scrivere per il futuro in questi tempi di repentino cambiamento delle stesse modalità di lettura è certo una sfida per tutti coloro che desiderano condividere e lasciare una qualche traccia del loro pensiero, del loro vissuto. Le nuvole informatiche in cui depositiamo i nostri archivi e applicazioni sono una estensione potenzialmente ubiqua della nostra memoria. I contributi – seminali, a tratti sorprendenti, spesso provocanti o spiazzanti, senz’altro interessati a creare ponti arditi fra discipline diverse, a confrontarsi con attenzione e verità con le domande che sorgono da una fase particolarmente critica della temperie sociale e culturale che stiamo vivendo – appartengono a:
Alessandro Ramberti • Alessandro Rivali • Alessio Casalicchio • Alex Celli • Andrea Ponso • Caterina Camporesi • Claudio Fraticelli • Daniela Terrile • Dante Zamperini • Davide Valecchi • Elvis Spadoni • Franca Oberti • Francesco Randazzo • Gianni Criveller • Gianni Giacomelli • Giorgia Bascucci Giuseppe Carracchia • Guido Passini • Laura Borghesi • Laura Corraducci Leonardo Caffo • Luca Artioli • Matteo Bianchi • Natascia Ancarani • Paolo Calabrò • Roberta Leone • Roberto Battestini • Serse Cardellini

La scheda del libro, qui.


Di seguito il mio intervento, quale assaggio d'invito alla lettura del libro.

(immagine di Jennifer Khoshbin)


Quinta dimensione, scrittura e fruizione nella realtà parallela

I due più bei twitt che io conosca sono stati scritti decenni prima l'avvento di Internet e di Twitter. "Mi illumino di immenso." E anche: "Ognuno sta solo sul cuore della terra, trafitto da un raggio di sole. Ed è subito sera." Naturalmente né Ungaretti né Quasimodo avrebbero mai sospettato di far parte dei cinguettanti comunicatori contemporanei. Possiamo immaginare, con un sorriso sulle labbra, il vecchio Ungaretti seduto sulla sua sedia mentre Pasolini lo intervista, interrompere per un attimo il collega, estrarre uno smartphone e cinguettare una delle sue brevissime ma profondissime poesie, condividendole con migliaia di followers e subito dopo riprendere la conversazione. Oppure, immaginare Quasimodo amministratore di un gruppo su Facebook dedicato alla città di Tindari. Il gioco potrebbe continuare. Leopardi, per esempio, sarebbe morto su Second Life, nello scandaloso postribolo "La Ginestra" dove realizzava ben altre fantasie da quelle poetiche: probabilmente ce lo saremmo perso come poeta. Dante, avrebbe vissuto il suo esilio nella Silicon Valley, realizzando il più impattante e avvincente videogame di tutti i tempi: "Hell vs Paradise"! E così via.
Si tratta naturalmente di boutades, ma i paradossi possono essere usati per rendere chiara la determinazione di una realtà attuale che si avvale di una (o più) dimensione nuova. La quinta dimensione del web, che amplifica, si irradia, permea e viene agita come un'estensione del mondo, nel mondo. Il web, come esattamente scrive Antonio Spadaro, non è una tecnologia, ma un ambiente. Assolutamente vero, e da qui bisogna partire per qualsiasi ragionamento, anche critico su di esso. Qualunque ambiente è buono o cattivo, a seconda di chi lo abita e di come vi agisce. Siamo noi a determinarlo.

La critica maggiore (e il rifiuto conseguente) al web è quella che lo vorrebbe opposto e in contraddizione con la realtà. Oppure lo si riduce ad una opposizione tra tecnologia, vista come un mostro freddo e alienante, e l'umanità del mondo reale. Il web fa paura. Ci si dimentica che è l'umanità ad abitarlo.

Bisognerebbe piuttosto interrogarsi e ricercare, non soltanto in modo passivo, come e cosa possiamo produrre, sperimentare, creare, comunicare grazie e attraverso il web.

Cosa può significare l'esperienza del multitasking, la ricettività reticolare, la sinestesia continua che ormai è comune, anche se ci ostiniamo a negarla, ma ne siamo comunque coinvolti? Non è forse una amplificazione delle nostre possibilità, qualcosa che scardina l'orizzontalità monotematica del pensiero strutturato? Certo, spiazzante, ma guardiamo come per i giovani sia invece semplice, persino naturale. Non è che, come spesso si sente dire, anche qui, che i giovani sono distratti e la tecnologia li rende ancor più tali. È forse più vero e giusto dire che tutti i giovani, di tutti i tempi, sono distratti e, come in ogni tempo accade, sono gli adulti che devono aiutarli a concentrarsi e dare contenuti stimolanti a questa richiesta di concentrazione. Ma per farlo oggi, dobbiamo far nostri  linguaggi e strutture che non sono più quelli con i quali, noi, nativi non digitali, siamo cresciuti e ci siamo strutturati. Mentre i giovani ne sono naturali fruitori. Ed è quindi a noi richiesta non una negazione ma uno sforzo e la presa di coscienza di una responsabilità, che non possiamo ignorare, a rischio di lasciare vuoto ciò che può e deve essere riempito di valori ed azioni positive.

Le possibilità educative che il web offre sono immense. Quelle creative, straordinarie. Ed è sciocco, persino malfidato, dire che se ne può fare a meno. Ci sono, continueranno ad esserci, fino a qualche altra rivoluzione tecno-antropologica. Possiamo chiudere gli occhi e restare pietre inerti, tronfi della nostra dura sostanza o impegnarci a dare sostanza e valore al fluire, apparentemente indistinto e caotico del web. Sforzarci quantomeno di farlo. Questo secondo me è un valore etico e morale imprescindibile al giorno d'oggi.

Bisogna apprendere per insegnare. Essere mobili e modificabili per muovere e modificare.


Il sommo bene è come l'acqua:
l'acqua ben giova alle creature e non contende...
...
Nulla al mondo è più molle e più debole dell'acqua
eppur nell'abradere ciò che è duro e forte
nessuno riesce a superarla,
nell'uso nulla può cambiarla.
La debolezza vince la forza,
la mollezza vince la durezza:
al mondo non v'è nessuno che non lo sappia,
ma nessuno v'è che sia capace di attuarlo.
Per questo il santo dice:
chi prende su di sé le sozzure del regno
è signore dell'altare della terra e dei grani,
chi prende su di sé i mali del regno
è sovrano del mondo.
Un detto esatto che appare contraddittorio
(Tao-te-ching)



Ed è infatti il mare del web fluido e mobile. Le nuvole che ne nascono sono gravide di quel che l'acqua contiene, sta a noi immettere ciò che di buono ce ne tornerà.


Chi scrive (e chi legge), trova nel web una serie di opportunità e offerte d'espressione, creatività e condivisione, che se di per sé non sono risolutive, in quanto devono necessariamente essere riempite di contenuti e presuppongono una continua formazione che le modificazioni d'uso che il web propone continuamente, ma sono oramai imprescindibili.

Per concludere, nel web si scoprono nuovi linguaggi, ne muoiono altri, ma, per esempio vorrei notare che la tanto bistrattata concisione richiesta dal tempo medio di lettura di un utente nel web, ha portato ad un benefico proliferare ed un crescente interesse verso la poesia. Se rimane pur vero che il lettore accorto dovrà separare il grano dal loglio (come sempre d'altronde), al di là di un certo velleitarismo poetico nazionale, nel web si trovano le migliori opportunità di lettura  per chi vuol fruirne o di proposta poetica per gli autori. Di fronte al fatto che la poesia editorialmente non vende, nel web (gratuitamente) è fruita in numeri inimmaginabili nel cartaceo (certo in proporzioni di numeri sempre piccoli in assoluto ma esponenziali nello specifico).

Da questo proliferare si sono venute sviluppando, per esempio, modalità poetiche, quali la video poesia, che pur giungendo dagli anni "70, hanno trovato nel web possibilità ed esiti sempre più interessanti e di qualità.

Abitare lo spazio virtuale, rendersi conto che ci si muove e ci si esprime, si comunica e condivide, attraverso qualcosa che se pur impalpabile, ha una sua corrispondenza e una connessione continua con l'umano, agire di uomini per altri uomini, attraverso una dimensione sterminata di compresenza spaziale, temporale e persino ontologica, inimmaginabile fino a trent'anni fa. Ma che oggi esiste quale normalità con la quale dobbiamo volenti o nolenti confrontarci. Astenersene o rifiutarla sarebbe inutile, ostinatamente sciocco ma soprattutto renderebbe certo che proprio ciò che di negativo giustamente critichiamo prevalga. Dobbiamo esserci. Il resto - come diceva Amleto - è silenzio.

Francesco Randazzo

mercoledì 1 agosto 2012

C'erano le strade e c'eravamo noi




C'erano le strade e c'eravamo noi
e le parole accendevano il futuro
Con una vecchia Ford Taunus
scalavamo salite impossibili
Il sole bruciava e spellavamo
squamati incuranti di protezioni
C'erano le strade e c'eravamo noi
che ridevamo come non finisse mai
o piangevamo come per sempre
I cani randagi ci leccavano le mani
sui muri a secco ammiccavano lucertole
con sorrisi ironici e scatti strafottenti
C'erano le strade e c'eravamo noi
sul traghetto come clandestini sul Titanic
alle spalle l'isola di raggelante fissità
Soltanto il vento a schiaffi ci salvava
ed il clangore dell'approdo e ancora
C'erano le strade e c'eravamo noi
che viaggiavamo come figli di Asimov
e potevamo respirare anche su Marte
galattici pionieri delle nostre vite
Ed eravamo amici fratelli compagni
su quelle strade che eravamo noi
Noi che ora siamo tornati sulla terra
e della terra ci strega l'odore umido
come fangoso pianto sommesso
Guardiamo l'asfalto caldo fumoso
e dalle crepe ascoltiamo il canto
delle cento lire nel juke box
di quel bar in mezzo al nulla
ballando con il fumo delle sigarette
nell'immensa certezza del respiro
sapevamo e per sempre credevamo
che c'erano le strade e c'eravamo noi




©francescorandazzo_2012