Oltre al sonno e alla concentrazione ci sono anche altre cose che non sono state dette a nessuno.
Giornate intere che scompaiono, e brevi attimi che diventano un’eternità.

(Peter Høeg)

lunedì 19 marzo 2012

Jet lag analgesico

Ora sono io
pesato il bagaglio
(window seat, please)
a rincorrere l’alba
tra i continenti
non posso perdere
il vantaggio acquisito
di fuso in fuso
l’opportunità di lasciarti
nel passato
per non sapere che farai ieri
o che hai fatto domani.

lunedì 5 marzo 2012

romanTECHerie

Profumano d’arancio

le tue ascelle meccaniche

depilate

cromate di liscezza

incave m’attirano.

Sparachiodi




Questi entusiami effimeri
vani scicchismi d'ovile
La leggerezza barattata
per banalità ottudenti
Mantra in refrain d'ovvietà 
Paraculismi incipriati
Pacche bacetti abbrazzi

'Sto carillon che suona dappertutto
'Sti sbrilluccichi di finte intelligenze
'Sto tripudio pimpante del niente

Mitraglierò sul muro scabro
con una sparachiodi nuova
per il gusto d'incidere davvero la materia


©francescorandazzo_2012

ANGYE GAONA






CAÑÓN ADENTRO 

Sigo el camino del esternón, 
busco el origen de la sed, 
voy al fondo de un cañón de paredes plateadas, 
sólidas merced al tiempo, 
movedizas cuando el aluvión, 
cuando la infancia, era glacial. 
Colecto las raicillas del pensamiento. 
Las cargo a mi espalda erosionada 
junto al agreste olvido que cae de mí. 
Se asoman 
desde pequeñas cuevas, 
los indicios del dolor; 
veloces burlan las miradas 
y vuelven a ocultarse en la piel del cañón. 
Inscritas en las paredes, 
las coordenadas indescifrables 
del rayo prehistórico 
que formó mi faz. 
Tiempo de la hondura, 
tiempo sin sílaba, 
cuando soy sólo un sonido 
en tránsito a la fatiga. 
Busco un manantial  
que bañe la pregunta adherida a mi historia. 
Busco la vida recién nacida 
y hallo la sed. 
Sigo la senda del esternón. 

DENTRO AL CANYON

Seguo il cammino dello sterno,
cerco l'origine della sete,
vado al fondo di un canyon dalle pareti argentee,
solide grazie al tempo,
mobili cuando l'alluvione,
quando l'infanzia, era glaciale.
Colleziono le piccole radici del pensiero.
Le carico sulla mia schiena erosa
insieme al selvaggio oblio che cade su di me.
Si affacciano
da piccole caverne,
gli indizi del dolore;
veloci schivano gli sguardi
e tornano a nascondersi nella pelle del canyon.
Scalfite nelle pareti,
le coordinate indecifrabili
del raggio preistorico
che formò la mia faccia.
Tempo della profondità,
tempo senza sillaba,
quando sono solo un suono
nel transito verso la stanchezza.
Cerco una sorgente
che bagni la domanda attaccata alla mia storia.
Cerco la vita appena nata
e trovo la sete.
Seguo la traccia dello sterno.


Angye Gaona
traduzione italiana di Francesco Randazzo